Made in China, che passione! A Cerignola +40%
Mercato cinese in espansione: mentre gli imprenditori e i piccoli commercianti chiudono le serrande schiacciati dal peso della crisi economica e dal business in affanno, i negozi made in China spopolano facendo affari e iniettando grandi capitali nel moribondo sistema commerciale del territorio. Soprattutto, nella maggior parte dei casi, i soldi girano cash.
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Contanti. Ed è proprio per questo che la forza del “”cinese”” diventa talmente robusta da sbaragliare ogni tipo di concorrenza. Lo scorso 2 settembre Cerignola ha portato a battesimo la nascita del primo centro commerciale orientale, ubicato in prossimità dello svincolo per la SS16 in direzione Foggia: di fianco, ad appena qualche metro di distanza, c’è l’Euronics e sarà questo il primo banco di prova per mettere a confronto due potenze, assai diverse ma in concorrenza, e capire chi avrà maggiore appeal sugli utenti.
“”Siamo intorno ad un +40% di attività cinesi rispetto allo scorso anno nella sola città di Cerignola. L’unica cosa che mi preoccupa è che c’è uno spostamento di denaro che esce fuori dalla nostra economia, perchè è difficile che venga reinvestito nel territorio da cui viene preso””, spiega Vincenzo Specchio, numero uno della Confcommercio ofantina. “”Certo, siamo in regime di libero mercato e ognuno fa ciò che vuole, perchè garantiti da governo e dalle leggi, ma è altrettanto chiaro che il consumatore tende a voler risparmiare e si reca in quei negozi. Di contro ci sono chiusure di attività per una percentuale del 25-30% su scala provinciale””. Prezzi vantaggiosi per prodotti di basso livello, periodi di crisi dove il costo soppianta la qualità sono i punti vincenti  degli investimenti made in China, secondo Specchio: “”E’ logico che le loro attività crescono, ma bisogna vedere se rimangono per sempre o se chiudono i battenti dopo due anni. Loro riescono a sostenere affitti esosi: oggi tutti i negozianti stanno chiedendo la riduzione del canone ai legittimi proprietari. Loro, invece, riescono a fare queste operazioni nonostante la velocità di vendita non sia altissima. Non so come facciano, intanto riescono a pagarlo””.
Marco Dalessandro è proprietario di una boutique in centro, proprio lì dove inizia ad intravedersi chiaramente una concentrazione di attività cinesi. “”Avrei voluto spostare la mia attività in un locale più grande: avevo fatto una proposta di 2500 euro mensili di fitto ma mi è stata rifiutata perchè mi hanno detto che sarebbe stato più conveniente rivolgersi  ad imprenditori cinesi, che tra l’altro pagano molto di più versando l’anticipo di un anno intero””, dice il titolare di “”New Trend””. Solamente a Cerignola negli ultimi due anni i negozi orientali aperti sono stati dieci, in posizioni centrali, in quel lembo di città che va dalla zona convento a quella del Parco Mezza Luna, dove insistono le più grandi strutture commerciali perchè “”stanno prendendo tutti i locali più grandi e costosi””, avverte il giovane imprenditore.
“”Da quanto mi pare di capire hanno una struttura verticistica: ognuno la propria licenza di vendita, ma l’impressione è che vi sia un finanziatore unico o un grande gruppo di finanziatori alle spalle, come è testimoniato dai grandi investimenti fatti””, fa notare l’assessore alle attività produttive del Comune di Cerignola, Rosario Spione. “”Sinceramente- prosegue- non penso che entrate ed uscite riescano a giustificare queste operazioni: se pagano anche mille euro di affitto, come succede, non so quali utili riescano a guardagnarci. Certo, non posso entrare nella fiscalità dei commercianti, ma è solo una domanda che mi pongo e non da assessore, ma da semplice cittadino””, incalza Spione.
Quello cinese è un “”micromercato””, che gurda in particolar modo alle nuove tecnologie e all’oggettistica, oltre che all’abbigliamento: “”Per oggi non se ne sta preoccupando nessuno, perchè non siamo ancora saturi. Nonostante l’aumento di oltre il 40% di attività , a Cerignola il problema non è avvertito- conclude Specchio di Confcommercio- anche perchè pur esaminando il fenomeno e dando ad esso il giusto peso, non ci sono gli strumenti per contrabattere. Il problema vero riguarda lo spostamento di economia dai nostri concittadini ad altri luoghi e la concorrenza che si crea considerata la sproporizione di capitali che vengono impiegati””.
FOCUS
Abbigliamento: la crisi e il primato cinese
“”Parla cinese lo shopping nella moda anno 2014: con un +18 i cinesi si sono distinti per gli acquisti nelle vie della moda delle città italiane compensando il calo del 13% delle spese dei turisti russi che rimangono comunque al primo posto per lo shopping straniero nel nostro paese””. A chiarirlo è il report della Federazione Moda Italia pubblicato proprio ieri. La spesa di abbigliamento sul territorio vede come unica eccezione positiva il Trentino con un +6% a dispetto del profondo rosso di Campania e Calabria che hanno visto i consumi di abbigliamento scendere quest’anno di un -10% rispetto al 2013. In generale il settore registra fatturati in moderato calo rispetto ai primi sei mesi del 2013 (-1%). Crescono solo gli accessori moda che hanno avuto un incremento del 6,7% rispetto al I semestre 2013. Segno meno invece per calzature (-0,5%), articoli sportivi (-2%) e abbigliamento (-4,22%). Molto in sofferenza le spese per pellicce (-10,8%) e pelletterie/valigerie (-13%). Per il Presidente di Federazione Moda Italia e Vice Presidente di Confcommercio, Renato Borghi: «Il bilancio di questo I semestre per i negozi di moda è ancora desolante anche perchè, con un calo di oltre il 3%, non si riesce ad invertire la tendenza che vede il segno meno davanti alle cifre dei nostri fatturati a dir poco da tre anni. Il mercato interno “”“ almeno nel nostro settore “”“ non riesce a generare valore e neppure è valsa l’iniezione degli 80 euro al mese ad oltre 10 milioni di italiani, il cui reddito viene assorbito per il 41% dalla spese obbligate.
Michele Cirulli
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