Alberico è un nuovo Cucchi? La morte sospetta nel carcere di Lucera
è trascorso un anno da quando il corpo di Alberico Di Noia, 37enne di Zapponeta, è stato ritrovato senza vita in una delle celle del carcere di Lucera, il 15 gennaio del 2013, in circostanze poco chiare perchè quella che sembrava una impiccagione ha presentato da subito delle zone d’ombra che i familiari della vittima vorrebbero diradare per conoscere la verità ed evitare che la Capitanata diventi la casa di un nuovo caso Cucchi.
L’inchiesta è ancora in fase preliminare ed al momento è stata prodotta la perizia medico-legale (Margherita Neri) che ha stabilito che si trattò di un evento suicidiario caratterizzato da tutti i segni tipicamente indicativi di una morte asfittica. Nel giro di 10 giorni, però, i legali della famiglia Di Noia, Luigi Miccoli e Michele Vaira, presenteranno una controperizia sull’esame autoptico effettuato il 18 gennaio scorso, a tre giorni dalla morte di Alberico. Le circostanze del ritrovamento. Alle 6.15 del 15 gennaio 2014, due agenti della polizia penitenziaria entrano nella cella di Di Noia per comunicargli il trasferimento in un’altra casa circondariale. Avrebbe dovuto lasciare Lucera per raggiungere Lecce. Alle 6:45 uno dei due poliziotti entra nuovamente nella cella del detenuto, intento a vestirsi, per sollecitare le operazioni di trasferimento. Dopo dieci minuti, intorno alle 6.55, come raccontato dallo stesso agente, Alberico Di Noia viene trovato cadavere: secondo i dettagli dei secondini, per impiccarsi aveva utilizzato un lenzuolo come corda. Il suo corpo è steso a terra: il lenzuolo pende dalla base superiore delle inferriate, all’altezza di circa 2 metri e mezzo, alle quali è legato attraverso le due estremità ; di fianco c’è uno sgabello, il lavandino, il wc ed il letto a castello. L’isolamento. Durante un colloquio con suo figlio, avvenuto qualche giorno prima del decesso, Alberico si ritrova ad affrontare un battibecco con una guardia carceraria. Gli avvocati spiegano che il detenuto avrebbe voluto regalare un pacco di caramelle al bambino. Circostanza negata, come da regolamento, e poi degenerata. L’alterco è raccontato nei dettagli dallo stesso detenuto in una delle lettere indirizzate al suo legale. Tra il poliziotto ed il Di Noia sarebbero volate parole grosse, qualche minaccia, che in termini disciplinari hanno prodotto 5 giorni di isolamento ed il trasferimento in altra struttura. Prassi che, secondo i legali della vittima, era incompatibile con lo stato di salute di Alberico al quale, nella precedente detenzione presso il carcere di Altamura (doveva scontare una pena a sei anni di reclusione per tentata estorsione, resistenza, violenza, lesioni a Pubblico Ufficiale e tentato omicidio), era stata commissionata una terapia per il forte stato ansioso. Eppure Alberico sconta alcuni giorni in isolamento, il primo dei quali “ racconta nelle lettere- senza mangiare e senza bere. Soltanto in un secondo momento gli viene concessa una parentesi di aria (3 ore al giorno) nei corridoi, solo in seguito all’accertamento medico. La perizia. Intono alle 6:55 del 15 gennaio, la polizia penitenziaria rinviene il corpo senza vita di Alberico. Alle 7:05 i medici del 118 arrivano sul posto. In prima battuta il referto recita così: arresto cardiaco irreversibile da probabile causa cardiaca e assenza di lesioni evidenti. Eppure sul cadavere, come precisato nella consulenza di maggio 2014 a firma del medico Margherita Neri, è ben evidente sul collo il segno di qualcosa che abbia stretto il collo provocando asfissia: una corda o, appunto, il lenzuolo, oltre alla frattura del corno sinistro dello scudo tracheale. Quel segno appare anche relativamente profondo (2 cm). O comunque chiaramente evidente. L’autopsia. Quando Alberico viene ritrovato morto indossava una tuta di colore blu e bianco, una maglia bianca, delle scarpe di colore bianco, blu e grigio e i suoi slip erano imbrattati di materiale fecale e urina. I medici del 118 sentenziano che non vi è bisogno della autopsia. Passano 36 ore e ai familiari della vittima viene impedito di guardare la salma del loro caro. Soltanto dopo due rigetti, il 17 gennaio viene disposta l’autopsia sul corpo di Di Noia, che avviene il 18 gennaio, e conferma l’ora di morte nelle 80 ore precedenti. Dall’esame autoptico non risulta esserci l’uso di sostanze stupefacenti o alcoliche e nè tantomeno di farmaci. La causa. Le indagini tossicologiche hanno escluso la presenza nell’urina sostanze tossiche o sostanze acide e basiche nel sangue di Alberico Di Noia. Per questo, secondo la perizia disposta dalla Procura, la morte andrebbe ascritta ad asfissia meccanica violenta da impiccamento. La controperizia. Nel giro di dieci giorni gli avvocati Miccoli e Vaira presenteranno una nuova perizia che tenga conto delle zone di ombra dell’accaduto. La loro obiezione risiede innanzitutto nella anomalia esistente tra il primo intervento del 118, che attribusce a problemi cardiaci la morte, e l’autopsia che parla di asfissia. Le cure. Non trovandosi nel sangue alcuna traccia di sostanza acida e basica o farmacologica, se ne deduce che Di Noia non abbia assunto medicinali per il suo stato di ansia, come prescritto sin dai tempi in cui era recluso nel carcere di Altamura. Ed in parte è lo stesso detenuto a scriverlo in una lettera indirizzata al suo legale. Ma che vi sia dolo o responsabilità di alcuno nella sospensione delle cure sarà la magistratura a rivelarlo.FOCUS | Alberico ai servizi sociali in poche settimane Non abbiamo notato segni di percosse sul corpo. Così Luigi Miccoli, legale della famiglia Di Noia, sottolineava nella conferenza stampa alla presenza della parlamentare Rita Bernardini dei radicali italiani. Anche se “ rimproverano gli avvocati difensori della famiglia Di Noia, i provvedimenti disciplinari sulla vittima sarebbero arrivati con grande solerzia, con rapidità micidiale, nonostante Alberico fosse in procinto di essere affidato ai servizi sociali nel giro di qualche settimana. Un˜associazione di Zapponeta, città natale del detenuto, aveva inviato domanda per accogliere il ragazzo in comunità e il 14 febbraio, data del processo di appello, Alberico avrebbe potuto incassare i domiciliari uscendo dunque dalla prigione lucerina. Apparentemente sul corpo non abbiamo notato segni di violenza o lesioni, aggiungeva l’avvocato Miccoli, anche se abbiamo saputo della perdita di un dente in una data che verosimilmente è contemporanea a quella dell’alterco con la guardia. Cosa ci sia stato tra la vittima e il poliziotto, dunque, non è ancora certo. E perchè quell’alterco sia costato così tanto in termini disciplinari, con il trasferimento ad altra struttura penitenziaria e l’isolamento, è ancora da scoprire. Oer questo la Procura ha aperto una indagine a carico di ignoti per induzione e istigazione al suicidio.
Michele Cirulli