Black Land, depositate le motivazioni della sentenza. Ecco come erano divisi i compiti
Sono iniziati nuovamente gli interrogatori presso la Procura della Repubblica di Foggia per il secondo filone dell’inchiesta Black Land dopo che il giudice monocratico Carlo Protano, su pressing della difesa dei 4 imputati, a febbraio scorso ha sancito la nullità del decreto di giudizio immediato perchè sono mancati gli interrogatori sulle ipotesi di reato di tipo contravvenzionale (sversamento illecito di rifiuti) mentre sono andati a buon fine solo quelli relativi al delitto di rilevanza penale (associazione a delinquere).
A Bari, invece, il 17 marzo sono state depositate le motivazioni della sentenza di condanna dei 10 imputati che si occupavano di sversare illegalmente i rifiuti campani nei territori della Puglia. Il filone barese, giunto a conclusione, ha portato a condanna la maggior parte dei membri della banda che operava sul territorio in maniera capillare e sistematica. Il sistema è stato scoperto attraverso intercettazioni telefoniche, ripetute osservazioni dirette, pedinamenti e controlli incrociati. Tra gli imputati anche uno dei nominativi inseriti nella black list rilasciata nel 1997 dall’ex boss (pentito) dei Casalesi Carmine Schiavone, morto un mese fa, alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle ecomafie
La mente dell’organizzazione. Nelle 147 pagine di sentenza, il GIP Marco Galesi racconta gli intrecci della banda individuando in Gerio Ciaffa e Pasquale Del Grosso (deceduto a gennaio 2014) le menti dell’attività criminale. A corroborare la tesi anche “”la dichiarazione pienamente (seppur sinteticamente) confessoria rilasciata da Gerio Ciaffa”” in persona. I rifiuti speciali, prodotti in diversi comuni delle province di Salerno e Caserta, dopo essere stati trasportati nei siti di stoccaggio della ‘Sele Ambiente’ di Battipaglia (Salerno) e della Ilside di Bellona (Caserta) venivano gestiti secondo uno schema così suddiviso: i rifiuti della frazione umida venivano dapprima conferiti all’impianto di compostaggio della Biocompost Irpino di Bisaccia (Avellino), quindi, senza subire alcun trattamento, accompagnati da falsa documentazione, venivano trasportati e gestiti come se si trattasse di ammendante, per essere definitivamente smaltiti mediante ‘tombamento’ in un enorme cratere ricadente su un area agricola a Ordona, gestita dall’Edil C., dove vi era una autorizzazione al ripristino ambientale. Gli automezzi camminavano “”sicuri””, perchè sulle documentazioni (Ddt), scrive Galesi, gli scarti illegali risultavano “”trasformati magicamente in compost””. I rifiuti della frazione secca venivano, invece, conferiti alla Spazio Verde Plus di Carapelle, sempre in Capitanata, e, dopo essere stati trasportati in un capannone di stoccaggio in località ‘Santa Cecilietta’ di Foggia, venivano sversati illecitamente in aree diverse in Puglia, Campania, Basilicata e Molise. La base operativa era la Ecoball Bat in Carapelle, gestita dal cerignolano Michele Brandonisio.
Inizio indagini. Le ricerche sono iniziate nel marzo 2013 ma le “”destinazioni del tutto abusive dei rifiuti, per la maggior parte delle vicende, comportavano l’assenza delle documentazioni, anche solo simulata. Questa circostanza “”“ sentenzia Galesi- ha reso più difficile l’individuazione di tutti i siti interessati””. In alcuni casi, invece, le osservazioni e i pedinamenti hanno permesso la delimitazione dei crateri utilizzati come cassonetto naturale. Nonostante l’ammissione di colpe, però, Ciaffa non ha fornito ulteriori informazioni sulla struttura della banda e sui luoghi, nè avrebbe fatto sapere dove e da quando il sistema operava.
L’organigramma perfetto. Il dominus di Black Land è Gerio Ciaffa, già coinvolto nell’inchiesta “”Veleno”” del 2008. è lui che, di concerto con Del Grosso, impartisce ordini e direttive, organizza “”viaggi che avevano ad oggetto il trasferimento dei rifiuti speciali senza autorizzazioni”” da depositare nella sua cava in Ordona, dove sono state tombate 270mila tonnellate di monnezza. Determinante è il ruolo di Michele Brandonisio, che ha messo a disposizione il suo autoparco come base operativa della banda: i suoi legami con Ciaffa e Del Grosso “”sono costanti e soprattutto di elevata fiducia””, riporta il Gip nelle motivazioni di condanna. Infatti “”lo stabilimento della Ecoball Bat veniva stabilmente utilizzato dall’organizzazione come base operativa, i camion carichi di rifiuti stazionavano presso l’area di manovra della Ecoball Bat per partire durante la notte verso i siti ove smaltire illecitamente””. Tra il livello organizzativo e quello esecutivo si piazza Giuseppe Gammarota, dipendente della Spazio Verde Plus di Foggia, che sorveglia gli scarichi e organizza i viaggi per i singoli autisti. Ma per mettere in piedi una struttura così importante c’è bisogno di un “”simulacro di legalità “”: per questo Donato Petronzi, “”titolare di un’autorizzazione per il trasporto di rifiuti””, secondo la Procura di Bari ha “”un ruolo di importanza strategica””. E’ lui che mette a disposizione mezzi e autisti della sua ditta (come Donato Del Grosso, fratello di Pasquale, brutalmente assassinato a gennaio 2014). Tra gli autisti c’è Giuseppe Zenga, “”anello di congiunzione fra Ciaffa (al quale riferisce puntualmente gli esiti delle operazioni o le eventuali difficoltà incontrate) e gli autisti, per i quali costituisce il punto di riferimento: è una sorta di talent scout, Zenga, perchè a lui “”viene anche demandato il compito di insegnare il lavoro illecito ai nuovi autisti assuntida Ciaffa e, allo stesso tempo, è il portavoce di tutti gli autisti e rappresenta al capo problematiche, criticità e anche screzi tra colleghi.
Gianluca Cantarelli è tra gli assoldati a guidare i tir dei veleni, insieme a Francesco Di Leno (a quest’ultimo è contestato solo lo sversamento e non l’associazione a delinquere). Oltre alla cava di Ordona, gestita dalla Edil C di Ciaffa, la banda ha utilizzato i terreni di Francesco Pelullo e Claudio Durante, ai quali “”“ precisa il giudice- non vengono riconosciute le attenuanti generiche “”non potendosi nemmeno apprezzare da parte di essi comportamenti collaborativi””. Anzi, Pelullo “”nel puerile tentativo di escludere ogni sua responsabilità ha dichiarato che nella cava erano avvenuti circa 30 scarichi di analogo materiale””.
Michele Cirulli