Blitz contro Al Qaeda in Italia: gli uomini di Bin Laden anche a Foggia
E’ ancora in corso una importante operazione degli uomini dell’antiterrorismo della polizia contro una cellula fondamentalista con base in Sardegna e legata ad al-Qaeda. Le richieste di arresto sono 18, di cui 9 eseguite nei confronti di otto pachistani e un afgano. Dei nove arrestati, tre sono stati bloccati a Olbia, due a Civitanova Marche e gli altri a Bergamo, Roma, Sora (Frosinone) e Foggia.
L’organizzazione – secondo quanto emerso dalle indagini – operava prevalentemente a Olbia e nel Lazio. Il ruolo principale nell’organizzazione fondamentalista era ricoperto da un imam che viveva a Bergamo. Gli arrestati devono rispondere, a vario titolo, di atti terroristici all’estero e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, con la quale si autofinanziavano. Quanto ai ricercati, tre sono ritenuti certamente in Italia, mentre altri risultano emigrati dal territorio nazionale. Fra gli arrestati, due avrebbero un passato da fiancheggiatori di Bin Laden, altri sarebbero autori di numerosi e sanguinosi atti di terrorismo e sabotaggio in Pakistan, compresa la strage del mercato di Peshawar, il Meena Bazar, avvenuta nell’ottobre del 2009 (mappa) in cui vennero uccise più di cento persone.
Dalle conversazioni intercettate è emersa anche la presenza in Italia di due kamikaze: l’ipotesi degli inquirenti è che fosse ricollegabile a un piano di attentato in Vaticano. Il capo della procura della Repubblica di Cagliari, Mauro Mura, che ha coordinato le indagini ha precisato che la circostanza non è al momento “”oggetto di contestazione”” nei confronti degli arrestati. Dalla Santa Sede, il portavoce padre Federico Lombardi spiega: “”Si tratta di un’ipotesi che risale al 2010 e che non ha avuto alcun seguito. Non si tratta quindi di un fatto oggi rilevante e non è motivo di particolari preoccupazioni””. Successivamente dagli ambienti investigativi trapela che il possibile attentato terroristico in Vaticano risale effettivamente al 2010 e potrebbe essere sfumato dopo una perquisizione effettuata dalla polizia a casa di uno degli indagati nel marzo di quell’anno. Due kamikaze pachistani erano appena sbarcati a Roma. Quasi contemporaneamente la polizia fece scattare delle perquisizioni. L’organizzazione contattò allora i due terroristi, facendo capire loro di dover “”cambiare aria””. I due aspiranti attentatori suicidi raggiunsero subito uno Olbia e uno Bergamo. Durante la successiva perquisizione a carico del capo della comunità islamica di Olbia fu trovato un foglio di carta con il voto al martirio di uno dei terroristi
Nelle ordinanze di custodia cautelare si legge di “”un’organizzazione dedita ad attività criminali transazionali, che si ispirava ad al-Qaeda e alle altre formazioni di matrice radicale sposando la lotta armata contro l’Occidente e il progetto di insurrezione contro l’attuale governo in Pakistan””. Avevano a disposizione armi in abbondanza e “”numerosi fedeli disposti a compiere atti di terrorismo in Pakistan ed Afghanistan, per poi rientrare in Italia””.
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha commentato l’operazione: il blitz di oggi “”significa che il nostro sistema funziona”” e “”che il nostro è un grande Paese capace di assestare questi colpi””.
Al fianco di Bin Laden. Dall’indagine della Digos di Sassari sono emerse intercettazioni dalle quali risulta che due membri dell’organizzazione hanno fatto parte della rete di fiancheggiatori che in Pakistan proteggevano lo sceicco Osama Bin Laden. In una intercettazione telefonica uno degli arrestati chiede a una parente di Bin Laden “”come sta””.
Lo sfruttamento dell’immigrazione. Inoltre l’organizzazione avrebbe provveduto “”ad alimentare la rete criminale destinando una parte del proprio impegno al fenomeno dell’introduzione illegale sul territorio nazionale di cittadini pakistani o afgani che in taluni casi venivano anche destinati verso alcuni paesi del nord Europa””. Secondo la polizia, per eludere la normativa che disciplina l’ingresso o la permanenza sul territorio nazionale di cittadini extracomunitari, gli arrestati utilizzavano sistemi semplici e collaudati. In alcuni casi “”facevano ricorso a contratti di lavoro con imprenditori compiacenti in modo da poter ottenere i visti di ingresso””. In altri casi percorrevano “”la via dell’asilo politico facendo passare gli interessati, attraverso documenti falsi e attestazioni fraudolente, per vittime di persecuzioni etniche o religiose””. L’organizzazione avrebbe anche fornito supporto logistico e finanziario ai clandestini, assicurando loro patrocinio verso i competenti uffici immigrazione, istruzioni sulle dichiarazioni da rendere per ottenere l’asilo politico, apparecchi telefonici e sim, contatti personali.
Il reperimento fondi e l’Hawala. Il ruolo principale nell’organizzazione fondamentalista attiva nel nostro Paese era ricoperto da un dirigente del movimento pietistico Tabligh Eddawa (Società della Propaganda). L’uomo, forte della sua autorità religiosa di imam e formatore coranico, operante tra Brescia e Bergamo, stimolava la raccolta di fondi, presso le comunità pakistano-afgane, radicate nel nostro territorio. In un caso è stato riscontrato il trasferimento di 55.268 euro mediante un volo per Islamabad in partenza da Roma Fiumicino. Più di frequente era utilizzato il sistema cosiddetto “”hawala””. Si tratta di un meccanismo di trasferimento valutario occulto, basato sul legame fiduciario diffuso nelle comunità islamiche europee. Tale sistema consente di trasferire una somma di denaro all’estero consegnandola a un terminale presente nello Stato estero, detto “”hawaladar””, che fornisce un codice identificativo segreto. I beneficiari della rimessa, tramite tale codice, possono prelevare la somma presso l'””hawaladar”” della sede di destinazione. Quattro soggetti con finalità terroristiche ricevevano denaro frutto delle collette o donazioni legate a opere di beneficenza stimolate dall’attività in Italia dell’imam arrestato a Bergamo: oltre ad al-Qaeda, le associazioni “”Theerek e Taliban””, “”Theerek e Enifaz”” e “”Sharia e Mihammadi””.