Salapia, l’ultima chance per il territorio. L’ultimatum di Volpe
Tra Cerignola e Trinitapoli, sotto la terra delle campagne della zona Torretta dei Monaci-Lupara, c’è la città romana di Salapia, nata nel X secolo A.C.: da due anni una equipe di archeologi sta portando a galla i resti di una civiltà lontana, che ha resistito fino all’età medievale e che oggi riconsegna dal sottosuolo storia, tradizione, reperti, arte.
Ma anche e soprattutto prospettive di crescita del territorio, suggestioni e possibilità . Progetto Salapia è il piano di ricerca e scavo archeologici dell’antica città di Salpi, condotto dall’Università di Foggia e dal Davidson College.
Associato ad esso vi è Open Salapia, un progetto di archeologia pubblica che mira attraverso una serie di eventi ed iniziative ad attivare un processo di sviluppo locale che favorisca il recupero e la valorizzazione della memoria storica rappresentata dal paesaggio archeologico e naturale della laguna di Salpi. L’obiettivo principale è quello di coinvolgere attivamente i cittadini, le scuole e le associazioni culturali presenti sul territorio in uno scambio di conoscenze, racconti e testimonianze che possa contribuire a rafforzare il senso di appartenenza della comunità intera alla storia della propria terra e a creare nuovi valori identitari.
In quest’ottica- dicono gli ideatori- è fondamentale che i beni culturali, i luoghi storici e le aree archeologiche vengano percepiti come patrimonio condiviso e che gli archeologi si propongano quali mediatori, tra addetti ai lavori e pubblico, in un processo di recupero e conoscenza del passato finalizzato alla crescita culturale ed economica del territorio. Per questo ieri mattina, presso la sala consiliare del comune di Cerignola, vi è stata la presentazione ad opera dell’assessorato alla cultura retto da Giuliana Colucci che ha organizzato un dibattito con Luigi La Rocca, soprintendente della soprintendenza archeologica della Puglia Taranto, Giovanna Pacillo, soprintendenza archeologica Taranto, Giovanni De Venuto e Roberto Goffredo dell’università degli studi di Foggia “ dipartimento studi umanistici, Giuliano Volpe, Presidente del Consiglio Superiore dei Beni culturali e paesaggistici, Giustino Tedesco, assessore ai lavori pubblici del comune di Trinitapoli.
Gli scavi hanno hanno portato alla luce una domus e una sorta di conceria dalle quali è stato possibile ricavare abitudini, età , ubicazione di una fetta di civiltà che già Cicerone e Vitruvio citavano nei loro studi e nelle loro narrazioni. Tutto quello che viene fuori oggi va al di là di ogni rosea previsione. Abbiamo recuperato vasche, mosaici, elementi che ci consentono di aprire una riflessione in prospettiva- dice Luigi La Rocca- sul futuro e sulla conservazione dei beni culturali inserendoci in un percorso virtuoso che ha già dato prime risposte con l’apertura del museo degli ipogei a Trinitapoli. Certo, dal 2013 non è stato facile per gli archeologi riportare a galla pezzi di civiltà romana, anche perchè quella zona è stata da sempre oggetto di scavi clandestini e di razzie di ogni tipo.
Per questo il territorio, gli enti comunali interessati e l’università giocano un ruolo fondamentale nel progetto. Altrimenti, se alle conferenze non saranno affiancati concreti aiuti, come dice Giuliano Volpe, dovremmo mettere una pietra sopra 15 anni di lavoro, di impegno e di risultati concreti. Mi chiedo se anche questa volta tutto avverrà nel silenzio e nel disinteresse della comunità scientifica e della comunità locale. Si continuerà a fare retorica sui beni culturali della Daunia o sulle ˜eccellenze’? Continueranno i piagnistei per le iniziative che chiudono, le invidie per le altre realtà che crescono, le lamentele per i mancati riconoscimenti? Si individueranno le responsabilità per il danno culturale, scientifico e anche economico determinato da queste scelte? E nessuno potrà dire che non sapeva.
Trinitapoli e Cerignola hanno iniziato ad interloquire (finalmente, precisa Giovanna Pacillo) sulle iniziative comuni da mettere in campo sul sito archeologico che sta dando risultati straordinari. Per questo, propone l’assessore Giustino Tedesco, sarebbe opportuno che i comuni acquisiscano i terreni, oggi in mano ai privati, per metterli in sicurezza per dare la possibilità agli archeologi di portare avanti i loro studi e le loro ricerche in tutta tranquillità . Il report sull’avanzamento degli scavi sembra essere l’ultima vera e preziosa chiamata per Salapia e per i territori che sul sito archeologico potrebbero investire da un punto di vista di risorse culturali, professionali ed economiche.
Riportare in superficie Salapia, con i suoi lotti da 40 metri a lato in una superficie di 104mila mq, con i suoi mosaici policromi, le pavimentazioni ancora intatte, i rinvenimenti di monete e sesterzi, delle vasche circolari adibite a concerie, con la storia di una città che ha subito diverse ricoversioni (la prima Salapia si trova a 4 miglia dall’attuale sito), sarebbe un impulso vivo della narrazione globale del territorio.
Michele Cirulli