Gli ‘inferni organizzati’ nel reportage di Sagnet e Palmisano
BARI. Dati che si intrecciano alle storie di caporali e braccianti, delle forme di sistemazione della schiavitù dietro casa nell’Italia di oggi. E’ quanto mette sotto i nostri occhi il reportage Ghetto Italia di Yvan Sagnet e Leo Palmisano edito da Fandango e presentato venerdì presso la libreria Laterza di Bari.
A presentarlo Angelo Rossano, caporedattore del Corriere del Mezzogiorno, Dario Stèfano, senatore già assessore regionale all’agricoltura e Giuseppe De Leonardis, segretario generale Flai-Cgil Puglia. Inferni organizzati i ghetti dei braccianti agricoli, assembramenti in cui non trovi solo baracche, ma un bordello, un ristorante, il meccanico, chi ti ripara il cellulare, il tutto gestito e organizzato dalle famiglie dei caporali che sopperiscono ai bisogni dei lavoratori a prezzi che corrispondo al loro bisogno personale di rapina. Una situazione simile in tutta la penisola ma che assume forme più preoccupanti in Puglia dove 36mila aziende – dati Cgil – si nascondono dietro forme di contratti stagionali (lì dove i contratti ci sono) per abbassare la richiesta di diritti dei lavoratori.
Peggio va ai braccianti che vivono nei ghetti: se la paga giornaliera del lavoratore stagionale straniero è sui 20 – 25 euro a giornata (i contratti collettivi di lavoro non vengono rispettati) una buona 10 euro di quella misera paga torna nelle mani del caporale che è l’unico a offrire servizi per i nostri schiavi invisibili, dal trasporto, al panino a 5 euro, alla bottiglia d’acqua a 1 euro e 50. I lavoratori “ schiavi, relegati a una condizione di apartheid, sono insomma portatori di bisogni che vengono soddisfatti da un sistema illegale a pagamento, lo sa bene Yvan Sagnet che da quei campi di lavoro inumani ci è passato, denunciandone i soprusi fino a capeggiare la rivolta nelle campagne di Nardò nel 2011 e portando all’arresto di 16 caporali.
E la Capitanata? è un territorio a sè in Puglia, gestito dalla criminalità organizzata campana. Ancor prima di Rignano Garganico, è Borgo Mezzanone “ secondo le impressioni di Palmisano “ il ghetto peggiore fra quelli da noi visitati: lì, dietro il CARA, c’è un CARA informale di persone che hanno avuto il permesso di soggiorno ma che rimangono perchè non sanno che altro fare. Lì i bambini giocano nei rifiuti, fuori c’è l’indifferenza e il silenzio della Capitanata dove tutti sanno e nessuno vede.
Che fare dunque? Sagnet e Palmisano lanciano tre proposte alla politica per mettere a freno il caporalato: attuare piani di trasporto per i lavoratori delle campagne, poichè è soprattutto attraverso questo mezzo che i caporali cementano il loro potere; non far accedere a finanziamenti pubblici quelle imprese che non rispettano la dignità del lavoratore e pretendere anche dalle multinazionali la certificazione della qualità del lavoro; ridare senso al collocamento pubblico (i datori di lavoro in cerca di manodopera solitamente si rivolgono direttamente ai caporali e non ai centri d’impiego). L’appello alla politica affinchè colmi le sue attuali mancanze, però, non lascia nessuno di noi, insensibili a quanto accade nelle nostre campagne, esente dal poter avere la coscienza a posto: e mi domando cosa siamo, noi, se mangiando un mandarino a tavola, d’inverno, non sentiamo il sapore amaro della prigionia.
Lucia Pepe