Visto da vicino | Carmine Ladogana, il braccio destro del vescovo Di Molfetta
Discesa in politica, tassa sui fedeli, auto- intitolazione del museo di Ascoli Satriano; ma anche i rapporti con l’imprenditoria amica e le contestate operazioni edilizie all’interno del Duomo. Le scelte del vescovo uscente Felice Di Molfetta hanno spaccato la Chiesa tra contrari e favorevoli, ma non sono state prese in totale autonomia.
Ad avallare i progetti del prelato, e ad esserne talvolta ispiratore, è stato il vicario don Carmine Ladogana. Balzato agli onori della cronaca per la litigata con l’ex assessore Michele Romano, che gli costò addirittura quattro schiaffi all’uscita del cinema in un anonimo sabato sera di gennaio, don Carmine sembra essere un predestinato. Classe 1965, Carmine Ladogana respira politica sin dalla tenera età . Suo padre, Vincenzo, è stato un dirigente provinciale dell’allora Democrazia Cristiana: ma la carriera politica, vecchio pallino di famiglia, è passata soprattutto dalle mani di suo zio, Raffaele Ladogana, referente politico di spicco nel Tavoliere della DC sin dagli anni ’60.
Quando nasce la corrente Impegno Democratico i Ladogana stringono rapporti con Vito Lattanzio, ministro della Prima Repubblica e per lui veicolano voti e intrecciano rapporti. Zio Raffaele assume ruoli di vertice anche all’interno dell’ospedale di Cerignola, il Tommaso Russo, che guiderà fino al 1980. è proprio in quell’anno che, però, dopo l’elezione di maggio a consigliere comunale, si spegne. E da quel giorno a raccogliere la sua eredità politica ci pensa il fratello Vincenzo, padre del sacerdote. Vincenzo entra nel Comitato di Gestione dell’allora USL Foggia 10, assume altri incarichi di natura politica, ma decide di non confrontarsi mai con il voto. Il suo nome, infatti, non compare mai tra i candidati alle competizioni elettorali ed è per far fronte a questa esigenza, sulla fine degli anni 80, che decide di lanciare Carmine in consiglio comunale.
Nelle elezioni del 1985, appena ventenne, è il primo degli eletti nelle file della Democrazia Cristiana e dopo cinque anni, dopo un tira e molla sull’opportunità di entrare nella giunta del comunista Vincenzo Valentino, Carmine Ladogana assume il controllo dell’assessorato ai servizi sociali del Comune di Cerignola. Una parentesi però abbastanza breve, che segnerà la fine della sua attività amministrativa. Nel 1993 Cerignola passa nelle mani di Salvatore Tatarella, ed è in quegli anni, morta e sepolta la DC, che don Carmine Ladogana diventa seminarista e approfondisce i propri studi presso l’università di Napoli, dove tra i docenti c’era il compaesano don Nunzio Galantino. Ordinato sacerdote nel febbraio del 2000, prima assume la guida della parrocchia di San Gioacchino, poi diventa il vice di Galantino nel Rione Terra Vecchia, e successivamente- nel 2011- si mette accanto a Felice Di Molfetta diventandone vicario generale.
Carattere aspro, scaltro, costante, a volte anche attaccabrighe, don Carmine Ladogana non ha mai abbandonato l’amore per la politica. Amico dell’ex assessore regionale Roberto Ruocco, insieme a Giuseppe Dibisceglia ha organizzato la lista civica i-Cattolici che ha affiancato Franco Metta nella cavalcata alle elezioni del 2015, in una delle tornate elettorali più cruente della storia della città di Di Vittorio. Insieme a lui, nel cerchio magico di Di Molfetta, vi sono anche don Vincenzo D’ercole, ufficio economato, don Pasquale Ieva, parroco di Santa Barbara, e Gerardo Biancofiore (col quale i rapporti oggi si sono sfilacciati), presidente degli edili di Capitanata.
Oggi don Carmine Ladogana presiede il comitato d’accoglienza organizzato per garantire ospitalità al nuovo vescovo mons. Luigi Renna, verso il quale è iniziato il pellegrinaggio di sacerdoti della Diocesi per manifestare reticenza rispetto a 15 anni di gestione Di Molfetta- Ladogana abbastanza controversi. Il futuro vescovo ha già rimandato ogni questione all’anno nuovo, quando metterà piede nella complicata Diocesi di Cerignola “Ascoli Satriano, ma le attese per una rivoluzione negli ambienti ecclesiali è ciò che più di un addetto ai lavori auspica: e che il problema della Curia sia interno sembra esserne consapevole anche lo stesso mons. Renna. Quindici anni di divisioni hanno lasciato segni forse indelebili.
Michele Cirulli