La scure sugli ospedali ci sarà , eccome. Ecco cosa succede in Puglia
| SPECIALE SANITà_| Hanno tutti ragione, citando il titolo del romanzo di Paolo Sorrentino. Hanno ragione i sindaci, che chiedono chiarimenti sulla direttiva choc, balzata all’improvviso a fine anno, di tagliare o accorpare reparti o chiudere gli ospedali.
Hanno ragione i direttori generali, esecutori della sforbiciata su dati di fatto inoppugnabili e su numeri che certificano senza diritto di replica lo sfascio della sanità made in Puglia; hanno ragione gli utenti, quei pochi che seguono le convulse fasi che stanno ridisegnando la geografia sanitaria nel foggiano e nelle altre cinque province. Eppure il piano di riordino della rete ospedaliera s’ha da fare, ineluttabilmente, precisa il direttore della Asl Vito Piazzolla.
La conferenza dei sindaci, capitanata da Franco Landella e svoltasi martedì mattina presso l’aula consiliare del Comune di Foggia, non ha raggiunto il quorum, motivo per cui l’assemblea si è trasformata in una chiacchierata informale che è servita a delineare le posizioni della direzione strategica della ASL e dei primi cittadini della Provincia. Condizioni atmosferiche sfavorevoli, certo, ma anche quando non c’è maltempo capita spesso che si invochi l’assemblea dei sindaci e poi la si diserti, ha detto stizzito il sindaco di Foggia.
Fase interlocutoria. Quando negli ultimi giorni dell’anno 2015 il presidente Michele Emiliano ha scoperto le carte, sostenendo di dover approvare ad horas una bozza di riordino ospedaliero, da Foggia a Lecce ci sono stati tumulti. Ci siamo trovati esclusi da una decisione che interessa i nostri territori, in futuro non dovrà più accadere, ci tiene a sottolineare il sindaco di Lucera, Antonio Tutolo. I prossimi due mesi, infatti, saranno orientati al dialogo. Tanto che ieri mattina si è avuto un antipasto significativo.
I numeri. Piazzolla fa una lunga premessa per inquadrare lo stato di salute degli ospedali di Capitanata: San Severo/Lucera, Cerignola, Manfredonia che coprono il 20.% dell’offerta sanitaria (20% sanità privata e 60% Riuniti e Casa Sollievo). Con il decreto 70 si stabilisce la stima di 3 posti letto ogni 1000 abitanti: secondo questa prescrizione il foggiano dovrebbe rientrare nell’ordine di 1945 posti letto; oggi nella provincia se ne contano oltre 2500. In base alle strutture, i ricoveri dovrebbero attestarsi intorno a 100mila annui, ma ve ne sono 140mila, la maggior parte dei quali inappropriati. Ma tra le problematiche che determineranno la riforma ospedaliera c’è anche la normativa europea che ha rivisitato le turnazioni dei medici: non vi saranno più maratone in corsia, ma riposi di otto ore obbligatori, che renderanno ancor più visibili le carenze di organico a meno che, come abbiamo fatto noi, non si vada in infrazione pur di non interrompere i servizi, precisa Piazzolla. Annualmente la ASL di Foggia gestisce 1,2 miliardi di euro per far fronte all’organizzazione dell’offerta sanitaria nella provincia (basti pensare che il costo annuo di un posto letto è di 118mila euro).
Le posizioni dei sindaci. Antonio Tutolo di Lucera e Franco Metta di Cerignola dicono di voler essere interlocutori leali con la Regione, purchè si rispettino le istanze dei territori, altrimenti si scenderà in trincea; per il primo cittadino di San Giovanni Rotondo, Luigi Pompilio, c’è il rischio che questa riforma, se non supportata da investimenti in tecnologie e con il rinforzo dei territori, svilisca le eccellenze come Casa Sollievo della Sofferenza, che a quel punto, si farà carico del peso dei tagli e degli accorpamenti delle altre zone andando a gravare sulla qualità dell’offerta. Per il sindaco di Rocchetta Sant’Antonio, Giulio Petruzzi, rimane aperto il problema dei problemi: il personale sanitario. Sono pochi i medici e gli infermieri che circolano nelle corsie di Capitanata ed è per questo che le strutture- e le prestazioni- ne risentono. Troppo poco tempo, secondo i primi cittadini, per mettere mano ad una riforma con un alto impatto sul territorio e poco coinvolgimento della politica. Tanto che, ad oggi, anche il direttore generale della ASL di Foggia sostiene di essere all’oscuro della bozza di riordino che giace in Regione Puglia nella mani di Emiliano.
Il punto comune. E’ vero che siamo fuori da diversi parametri- ha sottolineato Vito Piazzolla- ma sarò della vostra parte nel far capire che Capitanata ha delle caratteristiche orografiche molto particolari, uniche nel suo genere, e che i numeri, freddi, non potrebbero dar giusto conto di queste peculiarità . Fermo restando, però, che il piano di riordino si farà e la Capitanata non potrà uscire fuori dai canoni normativi. E qualcuno subirà in maniera più netta la mannaia regionale. In previsione ci sono delle deroghe per rimpolpare gli organici, investimenti per rafforzare il territorio che funga da filtro per Foggia e San Giovanni Rotondo secondo il modello hub&spoke, con i Riuniti e Casa Sollievo per interventi ad alta intensità .
Occhio ai bilanci, i nuovi tagli entro il 2020
Il calvario degli ospedali della provincia di Foggia non termina con il Piano di Riordino, perchè all’orizzonte ci sono altre corpose sforbiciate che potrebbero mettere ko più di un nosocomio entro il 2020. La cornice entro cui si muoveranno i presidi ospedalieri è nota: taglio dei trasferimenti statali (con conseguente aumento dei Livelli essenziali di assistenza); la nuova turnazione dei medici imposta dall’Unione Europea, che eliminando i turni folli nei reparti spalanca le porte alle criticità dovuta al sotto-organico; il rapporto Sant’Anna, che ha studiato la produttività dei presidi ospedalieri ponendo la Capitanata in diverse occasioni fuori dagli standard minimi. Ma questo è solo uno stralcio di un disegno più generale iniziato 4 anni fa. All’inizio è toccato a Lucera, San Marco in Lamis e Torremaggiore adoperarsi in riconversioni (non sempre totalmente riuscite) dal retrogusto della chiusura. La razionalizzazione delle strutture e l’alleggerimento in servizi sul territorio hanno rappresentato il punto di avvio di una rivoluzione che oggi fa i conti con altri paletti imposti dal decreto 70 e dal Programma operativo.
Continua però a piovere sul bagnato. Ed è lo stesso direttore generale della Asl di Foggia, Vito Piazzolla, a darne notizia. Da Roma sembra non arrivino indicazioni soddisfacenti, perchè l’indirizzo del ministero della salute sarebbe quello di tagliare ulteriormente entro il 2020. Nella morsa infatti finirebbero tutte quelle strutture che nel rapporto tra costi e ricavi chiudono in bilancio in negativo con percentuali superiori al 10%. Di certo non si tratta ancora di una legge, ma di un orientamento di massima emerso negli incontri della conferenza Stato-Regioni, a cui ha partecipato il direttore del dipartimento della Salute della Regione Puglia, Giovanni Gorgoni.
Dunque, come questo indirizzo potrebbe influenzare la vita degli ospedali di Cerignola, San Severo e Manfredonia? è presto detto. Se non riusciranno a produrre perdite inferiori a -10%, infatti, gli ospedali potrebbero andare incontro alla soppressione. In Provincia di Foggia- aggiunge Piazzolla- tutti gli ospedali sono intorno al -40%. Questo potrebbe significare che, in un arco di tempo comunque lungo, ci potrebbero essere anche strutture che non riescano a mettersi a norma. Si tratta, quindi, di una ulteriore mannaia sulla sanità italiana. Ed anche in questo a prevalere sarà la logica dei numeri, freddi ma inappellabili, che non sempre però tengono conto delle necessità di un territorio.
Un attenzione particolare, quindi, sarà riservata alle perdite che non potrebbero sforare la soglia massima del 10%. In quel caso, informa il direttore generale della ASL di Piazza della Libertà , si aprirebbe una nuova fase lacrime e sangue con piani di rientro triennali e delle singole strutture poste sotto osservazione dei ministeri dell’Economia e della Salute. Se questa indiscrezione dovesse diventare realtà , quindi, dal 2017 gli ospedali di Cerignola, Manfredonia e San Severo dovranno cercare di ridurre le perdite di almeno 30-40 punti percentuali. In quale modo? Facendo economie interne, che diventa sinonimo di nuovi risparmi e, in qualche caso, di ulteriori tagli ai costi o ai servizi meno produttivi. Ne rimarrà soltanto uno, verrebbe da pensare, se si considera che lo smantellamento della sanità pugliese, iniziata nel 2012, tra quattro anni potrebbe delineare una geografia ospedaliera completamente diversa. Il modello Hub&Spoke “ tarato sui grandi ospedali di Foggia e San Giovanni Rotondo- potrebbe essere non soltanto una volontà politica, ma una vera e propria necessità indotta.
Michele Cirulli