Ci chiamano cittadini, ci pensano capre
| IL PUNTO | Sono trascorsi sei giorni da quando Giuliana Colucci ha rassegnato le dimissioni da assessore alla cultura. Motivo? Non è dato saperlo. I cittadini devono rimanere all’oscuro della scelta, perchè quando si tratta di prendere voti tutti invocano la partecipazione, quando si tratta invece di rendere conto del proprio operato la stoffa manca.
Questione interna alla maggioranza? Macchè. Colucci è stata seduta al primo piano di Palazzo di Città , con stipendio pagato dai cittadini, perchè inserita all’interno di un processo democratico che ha voluto Franco Metta alla guida della città . La sua designazione non è frutto di un reclutamento di cui non deve spiegazioni a nessuno. L’ex assessore alla cultura non si degna di rendere pubbliche le motivazioni del suo strappo, come se l’incarico sia stato conferito da una azienda privata e la camera dell’assessorato sia il suo ufficio o una porta girevole, da utilizzare per entrare e uscire a proprio piacimento.
è palese come il rispetto istituzionale, ed il principio di responsabilità , siano chimera o, peggio ancora, concetti sconosciuti. Ancor più grave se l’idea di non voler dare spiegazioni ai cittadini, perchè quello che avviene nelle segrete stanze è per pochi illuminati, sia partorita dall’assessore alla cultura, che doveva essere fiore all’occhiello e che si è dimostrata politicamente non all’altezza. Si è definita tecnico della cultura, la Colucci. Ed invece ha dimostrato di aver appreso i più vecchi e brutti retaggi della Prima Repubblica: coinvolgimento a parole, e quando c’è da rendere conto si contrappone il poco dignitoso silenzio.
Ci si rivolge ai cittadini per raccattare i voti, poi li si tratta come un gregge a cui certe cose sono precluse. Perchè Colucci si è dimessa? Perchè non sa confrontarsi con la tecnostruttura? Perchè non le piace come lavora la tecnostruttura? E se qualcosa per lei è stata inaccettabile? E se qualche procedimento, oltretutto contestato, abbia intrapreso strade fin troppo tortuose contro la sua volontà ? In mancanza di spiegazioni tutto è (il)lecito. Colucci si è autodefinita portatrice del nuovo modo di fare politica. Ed il suo mutismo, che mette uno steccato tra i cittadini e le istituzioni, è quanto di più vecchio ci sia. Potrebbe sciorinare l’elenco delle mirabolanti imprese compiute in 9 mesi, per cercare (ancora) di autodefinirsi migliore dei suoi colleghi.
Ma il retrogusto amaro dietro una vicenda pubblica trattata come un segreto è sconcertante soprattutto se proviene da chi, addirittura, avrebbe voluto fare il sindaco della città intera. Prima che il centrodestra decidesse di accantonare la sua candidatura e lei decidesse di ritirarla per sempre, si disse vittima di macchinazioni politiche: La mia disponibilità a guidare una proposta di governo locale fin dall’esordio è stata caratterizzata come un impegno sulle questione della città di Cerignola ed è per questo che, spinta dalle richieste di molte cittadine e di molti cittadini, non posso tirarmi indietro ora. Men che meno se questo dovesse avvenire per alchimie politiche, diceva in campagna elettorale.
Per quale merito Giuliana Colucci è entrata nell’esecutivo di Metta? Perchè la migliore in circolazione? Forse, ma non per il sindaco, se risponde al vero la ricostruzione di Lucia Lenoci, silurata per farle spazio. Alla cicognina che chiedeva spiegazioni sull’ingresso in giunta della dirigente del Liceo Classico, il sindaco rispose deciso. Merito? No. Ragioni politiche e di opportunità . Di competenza neanche l’ombra. E questa definizione, forse in maniera severa e ingiusta, è finita per pesare su tutto il cammino amministrativo di Colucci, che non si è sentita mai parte di un progetto, e che oggi prende le distanze dai suoi datori di lavoro, ossia i cittadini, con un atteggiamento istituzionalmente scorretto che grida vendetta. In ogni parte del mondo, in ogni angolo di Italia, di Europa, di Continente, alle dimissioni seguono le spiegazioni. Non per compiacere giornalisti o colleghi di amministrazione o amici di partito, ma per rispetto dei votanti. Lo sputo in faccia al bon ton istituzionale arriva proprio da chi avrebbe dovuto garantire il Rinascimento culturale, e questo la dice tutta sulla degenerazione politica dei giorni nostri. Addirittura Scilipoti o Razzi hanno motivato i propri cambi di rotta in Parlamento. Colucci no. è al di sopra del bene e del male. Si pongono dunque delle domande, alla luce della sua decisione di votarsi al mutismo e all’eremitaggio.
Quali sono, oggi, le alchimie politiche che l’hanno indotta a lasciare la guida dell’assessorato?
Quale differenza c’è, nello stile politico, tra una Giuliana Colucci e una 100%mettiana Loredana Lepore?
Quale tra un tecnico e un politico ?
Quanta Prima Repubblica c’è nella toccata e fuga per poi magari riciclarsi all’occorrenza, magari di nuovo come candidato sindaco?
Quale novità o cambiamento c’è nel comportamento di un politico che non dà conto delle proprie azioni?
Visto che da candidata (per qualche giorno) del centrodestra unito berlusconiano è diventata (per qualche giorno) candidata sindaco dell’UDC e poi è passata alla civica amministrazione antipartitica di Metta, quante probabilità ci sono di ritrovarcela tra 5 anni a rappresentare la sinistra?
E soprattutto, se Colucci non vuole rendere conto all’opinione pubblica, perchè per nove mesi ha incassato lo stipendio gentilmente pagato dai cittadini cerignolani, ai quali oggi non porge nemmeno uno scontato grazie?
Perchè ci chiamano cittadini ma ci pensano capre?
Michele Cirulli