Rifiuti campani, il pm Gatti sente i primi testi
Il processo sullo sversamento dei rifiuti campani nella provincia di Foggia entra nel vivo: a due anni dall’esplosione dell’inchiesta Black Land, con un calendario straordinario di udienze per scongiurare il pericolo prescrizione, anche il filone foggiano inizia a carburare uscendo dalle schermaglie tecniche e dalle scaramucce iniziali della difesa e dell’accusa.
Venerdì, presso il Tribunale di Foggia, sono stati ascoltati i primi testi e il prossimo step è fissato al 20 maggio, con una ulteriore lista di persone da mandare in audizione davanti al pubblico ministero Giuseppe Gatti e al giudice Elisa Centore.
A due anni dagli sversamenti. Esattamente due anni fa, il 6 maggio del 2014, le ruspe dei carabinieri del NOE, intervenute presso la cava Pelullo di Cerignola, si fermavano: l’ipotesi, poi fortunatamente smentita, era che vi fossero scarti radioattivi nel sottosuolo depositati a partire dall’anno 2013. Esattamente dopo 24 mesi, invece, si ricostruisce il percorso dell’immondizia campana arrivata fino a Ordona, Cerignola, San Nicola di Melfi, Trani, Apricena, Carapelle. Nel filone foggiano dell’inchiesta sono imputati Arminio Erminio, Di Ieso Pasquale, Caruso Giuseppe, la Biocompost Irpino di Bisaccia, la Spazio Verde Plus, la PL trasporti e la ditta Edil C. Nel filone barese, che a breve arriverà al secondo grado di giudizio, risultano imputati coloro che, materialmente, hanno disseminato rifiuti in Capitanata.
I controlli e gli incendi. In aula vengono ascoltati i primi teste, ossia i carabinieri del comando di Melfi che hanno scoperto una parte del giro compiuto dai sacchi di immondizia prima di giungere a destinazione. Il 27 luglio del 2013, infatti, dopo essere stati allertati da un vigilantes di servizio nella zona, i carabinieri si sono recati in un vecchio stabilimento ubicato a San Nicola di Melfi. Qui vi hanno trovato un tir nell’intento di scaricare scarti “”“ presumibilmente RSU- in maniera del tutto indisturbata: intorno alle 21:15 i due uomini a bordo del mezzo pesante, avvistati i carabinieri, si sono dati alla fuga scendendo di fretta e furia dal camion ancora in moto, che ha concluso la sua corsa verso una scarpata, prendendo fuoco. Lo scenario all’interno dello stabilimento abbandonato, però- raccontano i testi- è stato chiaro: montagne di rifiuti e cattivo odore. Quel semirimorchio è risultato intestato alla cooperativa Natura più di Carapelle. Solamente in un secondo momento, il titolare del trattore, intorno alle ore 22:00, ha presentato denuncia di furto di quel tir trovato in fiamme. Negli stessi momenti, poi, i carabinieri di Melfi hanno eseguito un fermo ai danni di una Mercedes classe A, che si trovava nelle immediate vicinanze del luogo, alla cui guida è stato identificato Giuseppe Gammarota, dipendente della Spazio Verde Plus di Foggia, che secondo la Procura di Bari ha avuto il compito di sorvegliare gli scarichi e organizzare i viaggi per i singoli autisti. Alle forze dell’ordine l’uomo avrebbe detto di trovarsi lì per ragioni sentimentali.
Dal casello verso Ordona. Come è stato ricostruito dal gip Marco Galesi nelle 147 pagine della sentenza barese, i rifiuti viaggiavano indisturbati sui tir anche grazie ad alcune documentazioni false, risultando ammendanti pur essendo nella realtà rifiuti non trattati. Per questo gli scarichi potevano avvenire anche alla luce del sole. Come il 27 febbraio del 2013, quando il nucleo NOE dei carabinieri allerta il comando di Castelluccio dei Sauri di applicare un controllo ad un automezzo che sarebbe passato di lì a breve. Uscendo dallo svincolo autostradale di Candela, lo Scania rosso individuato dal NOE arriva allo svincolo Orta Nova / Ordona. Gli agenti lo fermano avvertendo “”forti odori pungenti, simili al letame””. Il mezzo, intestato a Gerio Ciaffa- che secondo l’accusa è il dominus dell’organizzazione, insieme al deceduto Pasquale Del Grosso- viene normalmente controllato. Così come vengono richiesti i documenti relativi alla merce trasportata (ddt). Appresa la notizia del blocco, sul posto di reca Gerio Ciaffa in persona, chiedendo- secondo i testi interrogati- spiegazioni sulla natura del fermo temporaneo.