Approfondimento – Chi è Antonio Cianci?
Ha suscitato grande clamore e feroci polemiche l’ultimo episodio di cronaca nera che ha visto come protagonista il cerignolano Antonio Cianci, da anni residente nel milanese.
Come già ampiamente documentato e discusso dai media nazionali, Cianci si trovava in permesso premio sabato scorso, nonostante la condanna definitiva all’ergastolo, quando ha aggredito e pugnalato più volte un 79enne presso l’ospedale San Raffaele di Milano, nel tentativo di una rapina.
Ma chi è Antonio Cianci, e che passato ha?
Il primo omicidio a 15 anni – Antonio Cianci è noto alle cronache nazionali già dall’età di 15 anni, quando nel 1974 uccide a Segrate un metronotte di 29 anni, Gabriele Mattetti usando una pistola automatica.
I magistrati dell’epoca delinearono lo scenario di un «omicidio con sadismo», in quanto dopo aver sparato a Mattetti colpendolo alle spalle Cianci esplose altri due colpi, devastandogli il volto. Ed inoltre «un giovane dal passato difficile che manifestava oltre che irruenza anche cattiveria affrontando i coetanei».
Per quell’episodio, però, venne assolto per incapacità mentale e fece 3 anni di riformatorio.
La strage di carabinieri a 20 anni – Nella notte tra l’8 ed il 9 ottobre del 1979, all’età di soli 20 anni, Cianci viene fermato ad un posto di blocco tra Liscate e Melzo, in provincia di Milano, a bordo di un’auto che risultava rubata. Il killer a quel punto, sentendosi in un vicolo cieco, aprì il fuoco contro i 3 carabinieri proprio mentre i militari controllavano i suoi documenti, uccidendoli: persero così la vita il maresciallo Michele Campagnuolo, l’appuntato Pietro Lia e il carabiniere Federico Tempini. L’efferatezza della strage può essere compresa solo attraverso la testimonianza della figlia dell’appuntato Pietro Lia a cui Antonio Cianci sparò ben 5 colpi di pistola: «Ma mio padre si rialzò cinque volte, lottò finché poté contro di lui, alla fine aveva le unghie rotte». Per la mattanza il killer viene condannato all’ergastolo.
Il carcere ed il permesso premio – Cianci stava scontando la sua pena all’ergastolo dall’ormai lontano 1979 ma a partire dallo scorso 26 luglio aveva ottenuto il permesso “di 12 ore” sulla base di una norma che prevede la valutazione di buona condotta e assenza di pericolosità sociale.
Cianci, infatti, aveva avuto non solo una positiva relazione dell’équipe di educatori-psicologi-criminologi il 29 marzo scorso; o il parere favorevole della direttrice del carcere di Bollate il 15 aprile; ma persino «un encomio il 31 ottobre 2018 per l’attività nella segreteria Nuovi Giunti».
Per gli esperti, quindi, dopo anni di «iniziale atteggiamento oppositivo, col tempo si era mostrato sempre più collaborativo», maturando «un senso di colpa soprattutto nei confronti delle famiglie dei carabinieri uccisi, consapevole di aver condannato figli a vivere senza i loro padri»: in soldoni «non più socialmente pericoloso».
Il 26 luglio, il giudice di Sorveglianza Simone Luerti firma, così, l’ok ai permessi premio per Cianci (dall’estate in poi era già uscito 3-4 volte).
Il precedente mancato e l’invio degli ispettori – Dopo il clamore suscitato dall’ultimo episodio criminale di Cianci, il ministro della Giustizia ha deciso di inviare degli ispettori per indagare sul “caso Cianci” e per verificare eventuali responsabilità nella macchina burocratica che ha permesso al killer di rendersi nuovamente protagonista in negativo. Il lavoro, oltre alle carte bollate, farà focus anche su un precedente episodio riguardante un altro permesso premio concordato al Cianci: già nel 2015, infatti, il giudice aveva concesso una chance di lavoro al Cianci che, nonostante i buoni propositi, in quell’occasione era tornato in cella mezzo ubriaco. Era perciò «stato segnalato al Sert del carcere, che però non aveva ritenuto il soggetto abusatore di alcol».