“Cerignola come il Kosovo durante la guerra”: disperazione e ‘nuovi poveri’
“È la stessa disperazione che vedevo negli occhi della gente che viveva in Kosovo durante la guerra, persone che non sanno come tirare avanti: questa emergenza del virus ha generato un esercito di nuovi poveri, mai visti prima in fila per ricevere il pacco di alimenti”. Con la Caritas don Pasquale Cotugno era parte di quella truppa che, sul finire degli anni 90 e gli inizi del 2000, era in Albania con aiuti umanitari.
A distanza di 20 anni si ritrova a incrociare quegli occhi carichi d’angoscia proprio nella sua città. Cerignola ai tempi del Coronavirus è piena di “nuovi poveri”. Pizzaioli, camerieri, agricoltori. Molti di loro non avevano un contratto di lavoro, incassavano il nero della “giornata”, tiravano a campare. Poi il virus, i decreti, il lockdown e pochi soldi in tasca. A malapena necessari per pagare l’affitto, le bollette, i viveri.
“All’inizio della quarantena distribuivamo giornalmente circa 25 pacchi. Questo perché in molti, evidentemente, riuscivano a fare le spese con i risparmi. Con le proroghe del decreto e con l’allungamento delle misure restrittive, quindi senza lavoro, i pacchi da distribuire sono stati 50, 70, 80”, racconta don Pasquale.
Due giorni fa il Comune di Cerignola, d’intesa con le associazioni, ha fatto sapere di aver distribuito viveri per 120 famiglie. Uno sproposito. Non solo persone “note” ai circa 100 volontari della Rete della solidarietà (Protezione Civile, Caritas, CRI, associazioni), ma, come li definisce don Cotugno, “nuovi poveri”, appunto.
In fila alla Caritas si vedono presenze inusuali: “Li vedo imbarazzati, da come si muovono, da quello che chiedono, da come ringraziano. Si vede che si sono ritrovati in questa situazione all’improvviso. Si legge nei loro occhi tutta la disperazione che non vedevo da anni”, confida il sacerdote. Si sono ritrovati lì, in fila, a ricevere un pacco di viveri che verosimilmente potrà durare una settimana. E si sono ritrovati lì senza nemmeno immaginarlo, catapultati in due settimane in condizione di povertà.
“In molti ricevono gli aiuti e ci chiedono come poter aiutare, come poter essere utili a loro volta e ormai uno dei nostri volontari più affezionati è un uomo che, per varie vicissitudini familiari, alloggia nel dormitorio da noi allestito”, racconta don Pasquale. Insieme ci sono extracomunitari -ancora più ai margini di quanto già non lo fossero nei loro ghetti di campagna- e gente del posto. Cerignolani e stranieri insieme, uniti nel dramma del nemico invisibile, uguali nelle difficoltà.
“Imprenditori, privati cittadini, supermercati e macellai si stanno adoperando per aiutare i loro concittadini. È una reazione che non ci aspettavamo e mai come in questo caso si può dire che Cerignola sta mostrando il suo volto migliore”, conclude don Pasquale Cotugno. Con lui, e con la Rete della Solidarietà, circa 100 persone. Sembra molto, ma è ancora di più, se si considera che i volontari mettono a rischio la propria salute per aiutare il prossimo.
Michele Cirulli
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