Immuni: come funziona l’app anti Coronavirus?
Sarà l’app Immuni a monitorare gli spostamenti di chi ha contratto il Coronavirus e tracciarne la sua diffusione: ma cos’è Immuni e come funziona?
Cos’è Immuni?
Immuni è un’applicazione libera per Smartphone che permetterà di tracciare gli spostamenti ed i contatti tra individui. E’ stata scelta tra tutte le proposte arrivate al governo perché ritenuta più idonea per la sua capacità di contribuire tempestivamente all’azione di contrasto del virus, per la conformità al modello europeo delineato dal Consorzio PEPP-PT e per le garanzie che offre per il rispetto della privacy.
L’app è stata sviluppata dalla società Bending Spoons che ha ceduto gratuitamente ed “esclusivamente per spirito di solidarietà” il codice sorgente e tutte le componenti applicative del sistema già sviluppate, impegnandosi anche a completare gli sviluppi informatici che si renderanno necessari.
L’app sarà un “pilastro” importante nella gestione della fase successiva dell’emergenza” ha spiegato il commissario straordinario per l’emergenza covid-19 Domenico Arcuri.
Come funziona Immuni?
L’app sfrutterà 2 elementi chiave dei nostri smartphone: la geolocalizzazione ed il Bluetooth.
E’ bene evidenziare che, al momento, il governo non ha ancora deciso sull’uso del GPS: inizialmente, quindi, l’app non traccerà la nostra posizione ed i nostri spostamenti. Ma non è escluso che in futuro possa essere prevista l’attivazione di questa opzione, magari su base volontaria delle singole persone.
Immuni si basa quindi sul Bluetooth: l’app, rileva il “contatto“, ovvero la comunicazione tra 2 diversi smartphone posti ad una distanza piuttosto breve l’uno dall’altro.
Se due cellulari arrivano a distanza tale che il Bluetooth si aggancia, allora significa che le due persone sono state troppo vicine e a rischio contagio virus.
Il telefonino, tramite server, memorizzerà tutti i “contatti”, ovvero tutti i dispositivi con cui un singolo utente viene a contatto.
Cosa succede in caso di contagio?
Se una persona risulta essere positiva al Coronavirus, l’operatore sanitario riceve il codice col quale può scaricare dal server centrale i dati della app del paziente, compresi i codici delle persone incrociate dalla persona positiva.
Il server quindi calcola il rischio contagio in base a vicinanza e durata del contatto e di conseguenza genera le notifiche da inviare agli smartphone delle altre persone.
E’ importante sottolineare che tutti i dati raccolti sono trattati in maniera del tutto anonima e gestiti tramite codici identificativi piuttosto che informazioni personali. Ciò significa che il nostro smartphone verrà riconosciuto tramite un codice univoco assegnato automaticamente dall’app e non mediante i nostri dati personali.
Il diario clinico
L’app prevede una sezione che contiene informazioni rilevanti del proprietario del cellulare come sesso, età, malattie pregresse, assunzione di farmaci. Una sorta di diario clinico che monitora gli eventuali sintomi per l’individuazione precoce delle infezioni. Gli utenti possono comunicare in modo anonimo se hanno tosse, raffreddore, perdita dell’olfatto e simili. I dati così raccolti permettono di prevedere se ci sono delle zone in cui si sta diffondendo il contagio e di fare test mirati sulle comunità che hanno una maggiore probabilità di essere infette. Inoltre possono essere aggiornati in modo da rilevare se c’è un peggioramento delle condizioni di salute di ogni singolo individuo.
Le autocertificazioni
Tra le varie opzioni messe a disposizione del governo c’è anche la possibilità di prevedere una sezione dedicata alle autocertificazioni necessaria per gli spostamenti.
Al momento non è chiaro se questa funzionalità sarà inserita all’interno dell’app: sarà il governo a prendere una decisione nei prossimi giorni.
I rischi per la privacy
L’utilizzo dell’applicazione è esclusivamente su base volontaria: più persone la usano, più efficace sarà.
I maggiori rischi nell’utilizzo di questo tipo di app riguardano la privacy personale, tema che ha già scatenato forte diffidenza nell’uso di Immuni. Dove finiscono i dati raccolti? Chi gestirà i flussi? Chi avrà accesso ai dati? In che modo saranno elaborati i dati raccolti? Che tipo di informazioni verranno analizzate?
Sono tutte domande in cerca di risposta: sarà il governo a dover prendere delle decisioni nei prossimi giorni.
La politica dovrà soprattutto rispondere alla regina delle domande che sta già scatenando dibattiti su internet: se la fascia d’età più a rischio dell’epidemia, dati alla mano, è rappresentata da ultrasettantenni, come sarà possibile formarli all’uso di smartphone ed app in brevissimo tempo? Il rischio, infatti, è quello di monitorare quella fetta di popolazione avente familiarità con la tecnologia (che rappresenta le fasce meno a rischio della popolazione) ed escludere gli anziani (che hanno un tasso di mortalità da capogiro).
Così funziona l’app anti Coronavirus Immuni. A noi singoli cittadini resta invece una sola domanda: quanta privacy saremo disposti a cedere in cambio della nostra salute?