martedì, Novembre 26, 2024
Cronaca

Cerignola, la scelta ‘green’ di Vito e Sara nella fattoria di Nonno Peppino

Cerignola, la scelta 'green' di Vito e Sara nella fattoria di Nonno Peppino

Pecore, vitelli, cavalli, maiali che vivono senza altro scopo che quello di godersi l’erba da brucare, il fango in cui rotolarsi e l’aria da respirare. Bambini che riscoprono il contatto con la natura e con gli animali, non in quanto specie da osservare  dietro un recinto ma come individui da conoscere e rispettare, con cui saper condividere lo stesso pianeta. Esistono  luoghi  in cui, quel gradino su cui l’uomo ha deciso di elevarsi per imporsi con violenza sul regno animale, viene annullato e perde ogni motivo di esistere. Si chiamano rifugi, o meglio Santuari, perché si occupano di salvare animali comunemente considerati “da reddito”  da situazioni di sfruttamento e maltrattamento e di restituire loro una vita degna di essere vissuta. Si tratta di fattorie a conduzione familiare in cui gli animali vengono  chiamati per nome, non sono marchiati, non producono latte e non diventano bistecche, sono persino sterilizzati, insomma qui non sono considerati un mezzo di guadagno e non vengono sfruttati per fare reddito.

Queste “non fattorie” gestite da volontari e da chi ha ambiziosamente scelto di vivere in maniera cruelty free, si sostengono grazie alle donazioni e alle visite di ospiti e scolaresche. Nei weekend o su richiesta, infatti, queste strutture aprono le porte ai visitatori per diventare anche meta turistica.

Visitarli è una esperienza immersiva per bambini e adulti, permette cioè di riscoprire un contatto con la natura ormai perduto o mai realmente conosciuto. In Italia i Santuari degli animali diventano sempre più numerosi, uno dei primi nati al Sud si trova proprio in provincia di Foggia, in contrada Ragucci, nelle campagne di Cerignola. E’ qui che si trova la Fattoria di Nonno Peppino.

Vito e Sara hanno deciso di trasferircisi 7 anni fa, quando il loro bambino, Giuseppe, aveva solo sei anni, e non era ancora chiaro che quell’appezzamento di terra del papà di Vito, (il signor Peppino, appunto) sarebbe diventato un rifugio per animali.

Un passato nel sociale con la cooperativa Pietra di Scarto, che gestisce un bene confiscato alla mafia a Cerignola, un lavoro normale ma la voglia impellente di cambiare vita.  “Semplicemente con io mio marito e mio figlio volevamo vivere a contatto con gli animali,  stanchi della solita vita pressante: mutuo e casa grande che poi non ti godi mai lavorando – racconta Sara a l’Attacco-  E così ci siamo trasferiti nella campagna di mio suocero, dove lui aveva già salvato un cavallo e un pony. Ovviamente all’inizio non pensavamo di farci un rifugio, eravamo anche onnivori, come  tutti”.

Poi l’illuminazione, la scelta di diventare vegani e di salvare animali da fine certa. “Durante la nostra prima pasquetta in campagna ci fece visita un signore per venderci 4 agnelli. Ce li avrebbe venduti e macellati lì. Ovviamente non ce la siamo sentita: abbiamo letteralmente aperto tutti i salvadanai di casa per comprarci questi 4 agnellini e dare loro una vita”. Da lì la decisione, sempre più consapevole, di voler restituire anche ad altre creature un diritto costantemente violato, quello alla vita. Dopo quegli agnelli ne sono arrivati presto altri, e poi due pony, un’asina, un cavallo, pecore, paperelle, gatti, cani.

Oggi il rifugio, divenuto nel frattempo un’associazione,  ospita 80 animali. Alcuni di loro hanno alle spalle storie di maltrattamento, sfuggiti a morte certa e a un destino di abusi. Come Tilli, una maialina salvata da una turista inglese in vacanza in provincia di Lecce, che ha fatto di tutto per salvarla e portarla via da un agriturismo in cui i maiali vivevano in uno spazio tanto angusto che i suoi fratellini sono riamasti uccisi dal peso della loro mamma che si stendeva per allattarli.  

C’è anche Ornella, un’ asinella rimasta orfana a tre mesi perché la sua mamma non veniva nutrita a sufficienza, tanto che è morta di infarto. O Fiorello, un vitellino cieco che a 5 mesi sarebbe stato di certo macellato perché considerato buono solo come bistecca, allattato da Sara e Vito con il latte della sua mamma, che andavano a prendere ogni tre giorni  nonostante il lockdown.

“I nostri animali vivono con noi, non li usiamo per mangiarli, né perché producano latte, non vengono cavalcati e tosiamo le pecore solo perché d’estate hanno caldo e la lana la usiamo per fare le cucce per i nostri cagnolini. Niente qui è usato per fare economia o a scopi utilitaristici – sottolinea Sara – Nel tempo stando a contatto con gli animali abbiamo capito che provano emozioni sono empatici, proprio come noi. I nostri animali non hanno paura, non temono la violenza, per questo si avvicinano naturalmente agli ospiti per essere accarezzati. Non facciamo la classica per terapy, ma una comunicazione naturale e il contatto con loro aiuta le persone disabili a stare meglio. Abbiamo un vitello cieco, un cane sordo, e i bambini con loro  scoprono che anche nel mondo animale esiste la disabilità, abbattono le frontiere e le paure, si sentono accettati e in armonia con il mondo naturale”, spiega Sara.

I social e il passaparola diventano fondamentali per trasmettere il messaggio e le attività della fattoria, che si mantiene grazie alle donazioni, alla possibilità di adottare anche distanza gli animali e che è aperta a visite didattiche, laboratori, compleanni, e a progetti di volontariato e di woofer: vitto e alloggio gratuito  in cambio di lavoro. C’è anche la possibilità di soggiornare in tenda o in roulotte. In fattoria del resto c’è sempre da fare: distribuire il fieno, pulire i ricoveri, cambiare l’acqua negli abbeveratori, dedicarsi a piccole riparazioni, coltivare l’orto e la vigna e, soprattutto, coccolare gli animali.

Ilaria Di Lascia – L’Attacco

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