Lutto nel mondo dell’imprenditoria cerignolana: il Covid si porta via Sandro Amoruso
Non ce l’ha fatta Sandro Amoruso, 65 anni, imprenditore cerignolano e titolare dello storico mulino di via Montale a Cerignola. Dopo una lunga battaglia contro il Coronavirus, iniziata a metà novembre, ed il trasferimento dapprima al Davanzo e poi al Policlinico Riuniti, “Sandrino”, così come era conosciuto ai più, non ce l’ha fatta. Le condizioni di salute erano precipitate negli ultimi giorni ed è stato vano il tentativo in rianimazione.
Instancabile lavoratore, disponibile e di gran cuore, Sandro Amoruso insieme ai fratelli e ai cugini aveva preso le redini del mulino nato nel 1958 dall’intuizione del papà Vincenzo e degli zii Leonardo e Nicola sapendo traghettare l’impresa nelle sfide proposte dai tempi. Uomo pacato e affabile, Sandro Amoruso lascia la moglie, i tre figli e due nipoti. Un impegno costante ed una dedizione per l’azienda di famiglia, “non è mai mancato un giorno sul posto di lavoro”, raccontano i collaboratori storici. E fino all’ultimo la sua presenza nell’opificio non è mancata.
In ospedale era entrato sulle sue gambe, ma il virus rapidamente ha fatto precipitare la situazione.
“Una notte insonne. La notizia che non avrei mai voluto ascoltare. Un Amico-Fratello mi ha lasciato, ci ha lasciati. Ho solo voglia di piangere. Chiedo perdono di non essere riuscito a portare a casa mio fratellone”, ha commentato il suo medico e amico Michele Romano.
“Sandro non era un mio cliente, no, lui era un grande amico. Quando veniva in studio per qualsiasi cosa, anticipava la sua visita con una telefonata. “Ciao Mimmo, sei impegnato? Posso venire più tardi?”.”Sandro, tu puoi fare quello che vuoi, non devi neanche telefonare”. Ma niente, lui continuava a telefonare, era fatto così. Quando veniva si parlava di tutto, con tranquillità. Era una brava persona, anzi diciamolo meglio: era un brav’uomo, nel vero senso della parola, disponibile sempre, con tutti, e poi di una calma serafica”, ricorda Mimmo Farina. “Innamorato della moglie e dei figli in modo smisurato, gran lavoratore, sempre sorridente, mai arrabbiato. L’ho visto qualche giorno prima della mia malattia e poi, da malato, ho saputo della sua malattia. L’ho saputo da Michele, che ha curato me e poi anche lui e che oggi, ingiustamente, si rimprovera di non essere riuscito a tirarlo fuori da questo vortice di tristezza, di sofferenza e di paura.Ciao galantuomo, mi mancheranno le tue telefonate, ma ancor più le tue visite e le nostre amabili chiacchierate”, è il ricordo dell’avvocato.
riposa in pace nobil uomo della nostra terra