Fu ucciso a Lodi per gelosia, vent’anni al cugino assassino
Vent’anni di reclusione per Sebastian Ganci, il 41enne che il 10 agosto 2020 ha ucciso suo cugino, Amato Di Paola, 29enne originario di Cerignola e trasferitosi: l’omicidio avvenne a Tavazzano, in provincia di Lodi, a causa di una rivalità amorosa che ha generato violenza cieca. Il 23 giugno 2021 si è celebrato il processo dinanzi alla Corte d’Assise di Milano, che vedeva imputato Sebastian Ganci per omicidio aggravato dai futili motivi. L’imputazione, originariamente mossa dalla Procura di Lodi (tribunale che per l’Assise dipende da Milano) all’imputato era di omicidio aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi. I giudici della Corte d’Assise avevano però escluso la premeditazione condannando Sebastian Ganci a 21 anni di reclusione e a una provvisionale di 250mila euro in favore delle costituite parti civili, rappresentate dai genitori e dalla sorella di Amato Di Paola. Il 23 giugno scorso la difesa dell’assassino ha concordato la pena con il Procuratore Generale, ottenendo il riconoscimento delle attenuanti generiche con criterio di prevalenza sulla contestata aggravante e ottenendo una riduzione di pena pari ad un anno. Dunque la pena definitiva è vent’anni di reclusione.
L’omicidio fu perpetrato con tre colpi di arma da fuoco, uno alla fronte e due all’addome, nell’appartamento di Tavazzano che il 41enne Sebastian Ganci, guardia giurata, condivideva con una ragazza rumena di 17 anni. In quei giorni suo cugino Amato Di Paola era venuto a trovarlo da Cerignola, ma secondo Sebastian si era invaghito della sua donna e per questo lo ha ucciso. Subito dopo aver esploso i tre colpi di arma da fuoco, Ganci scappò con la sua compagna imboccando l’autostrada A1: la donna chiese di essere lasciata in autogrill all’altezza di Casalpusterlengo, mentre l’uomo si rifugiò a casa della sorella, a Milano, dove confessò l’omicidio. Fu proprio quest’ultima, raccolta la confessione del killer, ad allertare le forze dell’ordine asserendo che suo fratello aveva fatto “una cazzata”. Inizialmente per l’assassino fu chiesto l’ergastolo, poi la pena è stata commutata in 20 anni di reclusione
L’avvocatodelle parti civili, Antonio Merlicco, si dice soddisfatto per l’esito del processo: “Ha retto il capo di imputazione in riferimento all’aggravante contestata e, così facendo, è stato impossibile per l’imputato accedere al rito abbreviato che pure era stato richiesto nelle forme e nei termini previsti ex lege. La riforma sul rito speciale (nelle ipotesi di ergastolo), ha di fatto impedito al Ganci di accedere a tale rito e di poter beneficiare dello sconto di un terzo della pena. Ovviamente, la condanna non restituirà quella giovane vita ai suoi cari, resta il dramma di una vita spezzata barbaramente per mano di un soggetto che ha ritenuto che una vita umana valesse poco o addirittura niente”, commenta l’avvocato Merlicco.
Michele Cirulli