Cerignola, oltre 24 ore per un tampone, poi il decesso: “Si poteva fare di più?”
Più di 24 ore per ottenere l’esito di un tampone e la paziente di 82 anni, poi deceduta, distesa su un lettino del pronto soccorso con gravi problemi cardiaci in corso. Quanto successo all’ospedale Tatarella di Cerignola è una fotografia nitida della sanità ai tempi del Covid, dove le procedure – necessarie e imprescindibili per contenere il contagio del virus- possono creare disguidi anche irreversibili.
La corsa al Tatarella
“Abbiamo chiamato l’ambulanza perché mia madre non stava bene, tremava, era debole e aveva dei dolori alla schiena tanto che poi non poteva nemmeno stare sulla barella: alle 20:00 siamo arrivati in ospedale. Stava male, si vedeva. La mattina successiva era previsto l’esito del tampone, ma non è stato così. È trascorsa la mattina e poi il pomeriggio: a tarda sera il tampone non era ancora arrivato”, racconta Mimmo Paciletti, figlio della signora ricoverata presso il Tatarella. Oltre 24 ore in pronto soccorso con “gravi problemi cardiaci”.
L’attesa per il tampone
A quel punto momenti di tensione, i familiari chiedono con decisione l’atteso esito del tampone per poter trasferire la madre presso il reparto: solo dopo qualche momento di concitazione arriva il responso. Il test è negativo, la signora – già vaccinata con due dosi- può essere trasferita in cardiologia per tutte le verifiche del caso.
“Solo quando ci siamo arrabbiati ci hanno dato finalmente la risposta: a quel punto la dottoressa ci ha detto di andare a casa, perché non potevamo stare in reparto per via delle misure anti-Covid. Abbiamo lasciato i nostri recapiti, ci hanno detto di non preoccuparci, che ci avrebbero richiamati per aggiornarci”, racconta Paciletti. La chiamata in effetti arriva.
Il decesso
“Dopo mezz’ora ci arriva la telefonata: nostra madre era morta per arresto cardiaco. Mia madre aveva 82 anni, non pretendevo che arrivasse a 100, però trovo assurdo aspettare 24 ore per l’esito di un tampone con una patologia in corso. Non voglio avere niente da nessuno, mi dispiace se capiterà a qualcun altro: mia madre tremava sul letto ed è stata 24 ore su una barella in pronto soccorso, mentre credo che avrebbero dovuto portarla subito in cardiologia”, osserva Mimmo Paciletti. L’abbattimento dei tempi sulla lunga trafila dei test è una battaglia che, da mesi, il medico di base Michele Romano, in prima linea nella battaglia al Coronavirus, sta conducendo in solitaria per portare anche al Tatarella, che è stato identificato ospedale Covid, la strumentazione necessaria per effettuare in autonomia i tamponi senza dover passare da Foggia, Manfredonia o Barletta, ottimizzando quindi i tempi.
Processare i test a Cerignola
“Forse era una persona che doveva essere trasferita subito in unità intensiva o cardiologia, ma a causa del tampone molecolare non è stato possibile trasferirla. Senza voler accusare nessuno, perché medici e infermieri hanno fatto di tutto per salvare questa persona, la responsabilità politica credo vada ricercata in una scelta sbagliata di continuare a mandare questi benedetti tamponi fuori città. Se fossero stati processati sul posto, a Cerignola, forse il risultato sarebbe arrivato in due ore e non in 24: servono strumenti, tra l’altro non costosi, per processare al Tatarella, che è ospedale Covid, tutti i tamponi”, dice Romano invocando le dimissioni del dg della Asl di Foggia, Vito Piazzolla.
Michele Cirulli
e poi dicono di aggressioni al pronto soccorso…….