Giuseppe Di Vittorio: il sindacalista che barattò la giacca con un vocabolario
Da bracciante poverissimo e semianalfabeta nella Puglia dei primi anni del Novecento, a fondatore del più grande sindacato dell’Italia democratica, deputato all’Assemblea Costituente, esponente di spicco del Pci nel dopoguerra, presidente della Federazione Sindacale Mondiale. Una vita, quella di Giuseppe Di Vittorio, avventurosa e intensa, che spesso sfiora i confini del mito, senza però mai perdere di vista i valori più preziosi: il lavoro e la democrazia. Di Vittorio, come ricorda Pietro Ingrao in un’intervista del 1987 “è stato il simbolo di tutta un’Italia oppressa che si alzava in piedi e che poneva il problema del suo riscatto e della sua emancipazione”. Sempre schierato dalla parte dei lavoratori, dei ceti sociali più deboli, Di Vittorio ha dato un grande contribuito alla ricostruzione dell’Italia nel dopoguerra: non va dimenticato il suo impegno nella stesura della Carta costituzionale, ancora oggi tra le più avanzate al mondo in materia di riconoscimento e di garanzia dei diritti sociali. Il grande senso di responsabilità nazionale che in lui sempre prevale, anche nei momenti tragici della giovane repubblica italiana alla fine degli anni Quaranta.
La vita di Giuseppe Di Vittorio ripercorsa dal programma RAI Italiani, attraverso il racconto di Adolfo Pepe, direttore scientifico della Fondazione Di Vittorio e Michele Pistillo, biografo del sindacalista pugliese, i ricordi di Emanuele Macaluso e i contributi di Fabrizio Loreto, studioso di storia dei movimenti sindacali e Francesco Giasi, vicedirettore della Fondazione Istituto Gramsci. Una preziosa testimonianza viene dall’ascolto di alcuni stralci dei comizi: arriva fino a noi la forza dell’oratoria di Di Vittorio, la capacità di “rivolgersi a tutti come se parlasse a ciascuno”, “di parlare al cuore della gente”, ai braccianti di Cerignola, agli impiegati di Roma e Milano, agli operai delle fabbriche di Torino così come agli intellettuali spagnoli in fuga dal regime franchista, come prova la lettura di un commovente discorso del 1936 pronunciato durante l’assedio di Madrid.