sabato, Novembre 23, 2024
Cultura

CINEMA | Ti mangio il cuore: una storia bistrattata a favore della resa scenica

CINEMA | Ti mangio il cuore: una storia bistrattata a favore della resa scenica

Pur tra i difetti di questo film, che pure ha giovato di una lunga gestazione che avrebbe consentito una migliore realizzazione, non si può fare a meno di rimanere piacevolmente colpiti da alcuni elementi. Innanzitutto la splendida fotografia in bianco e nero, saturata al punto giusto, che regala una deliziosa impronta retrò anni cinquanta, come se fosse venisse dalla mano di Francesco Rosi.

La pecca principale risiede principalmente nella storia, visibilmente bistrattata a favore della resa scenica e della veste dialettale, veri fiori all’occhiello del film. Sono molti i dettagli che non rendono giustizia ad una storia che si gioca su troppi clichè e troppi passaggi bruschi, che rendono a tratti surreale una storia che si basa sulle vicende personali della prima donna pentita della malavita di San Marco in Lamis.

Dal rapido colpo di fulmine in boutique fra i due protagonisti alla repentina trasformazione del protagonista da ingenuo rampollo tirato suo malgrado fra le maglie degli “affari di famiglia” a spietato capoclan capace di tutto e assetato di sangue. Non male l’interpretazione d’esordio di Elodie, vero traino della pellicola e attrazione principale del carosello malavitoso, che al netto delle inevitabili difficoltà nell’aspro dialetto locale riesce a dare una prova convincente mentre viene braccata in tutta la sua sensualità travolgente dalla macchina da presa.

Una menzione d’onore spetta alla partecipazione straordinaria di Michele Placido, che da spettatore apparentemente imparziale fra i due litiganti diventa il vero deus ex machina della mattanza e vero trionfatore della guerra, simboleggiata dal possesso dell’anello che fu del padre del protagonista.

Il film pur non brillando per freschezza riesce a rielaborare in modo gradevole alcune intuizioni che hanno decretato il successo di opere analoghe. Si prenda l’assoluta mancanza delle forze dell’ordine per tutta la durata dello scontro, evidente prestito dalla serie e dal film di “Gomorra”; che trasfigurano il teatro della battaglia come regno del male incontrastato, in balia totale della faida sanguinosa, in cui cadono come pedine di un gioco tutti i belligeranti.

Un gancio non sfruttato a dovere sarebbe potuto essere il rapporto con il sacro, con cui si apre e si chiude il film, trait d’union fra il controllo mafioso del territorio e l’autorappresentazione sociale delle famiglie mafiose garganiche. Sarebbe potuto essere un buon spunto di riflessione la perversa devozione alla spada di San Michele in altre mani più esperte e coraggiose, ma il timido guizzo non ha altro destino che cadere nel vuoto.

Pur lasciando un retrogusto di amaro in bocca per le occasioni sprecate, “Ti mangio il cuore” avrà il non trascurabile merito di costituire un getto seminale per la fondazione di un filone nuovo del cinema sulla mafia che avrà la sede in Puglia. 

Enrico Frasca


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2 anni fa

All’ autore dell’ articolo….
confondi San Nicandro Garganico con San Marco in Lamis

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