lunedì, Novembre 25, 2024
Cultura

La visita a Cerignola del Patriarca di Gerusalemme


Monsignor Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, è giunto a Cerignola la sera del 27 gennaio, presso la parrocchia di Sant’Antonio di Padova, per tenere un incontro sul tema “Solo il perdono porta alla vera pace”. Monsignor Pizzaballa è stato accolto dal parroco don Carmine Ladogana, dall’intera comunità parrocchiale, dalle autorità civili e religiose. Ad aprire il convegno è stato Ferdinando Parente, luogotenente per l’Italia Meridionale Adriatica dell’Ordine del sacro Sepolcro di Gerusalemme. Le conclusioni sono state affidate a monsignor Fabio Ciollaro, vescovo della diocesi di Cerignola – Ascoli Satriano.

Prima di arrivare a trattare il complesso ed arduo tema del perdono, Mons. Pizzaballa ha tracciato un breve quadro dello scontro tra israeliani e palestinesi: “Si tratta di un conflitto politico dai marcati connotati religiosi, che ha scavato negli animi un abisso fatto di sfiducia e rabbia che renderanno difficile qualsiasi prospettiva di soluzione a breve termine”. Da qui, il pastore della Chiesa di Gerusalemme ha elaborato una personale prospettiva del perdono e della pace al fine di “poter orientare la mia comunità in questa direzione all’interno di un contesto così lacerato”. Quali sono pertanto i possibili percorsi di pace in Terra Santa e come si concretizza l’impegno del pastore in favore della pace?

“Da entrambe le parti, non si vuole sentire nemmeno parlare di processo di pace e la politica è fragile – ha detto mons. Pizzaballa – Nella striscia di Gaza, sono stipate due milioni persone che vivono in condizioni drammatiche, con Hamas che si trova in grave difficoltà, ma che è sempre più invasivo nella vita delle persone e nelle istituzioni. Dall’altra parte, all’interno del governo israeliano di estrema destra ci sono partiti che auspicano la dissoluzione dell’autorità palestinese. Tutto questo impedisce qualsiasi possibilità di dialogo”. In una situazione del genere, dunque, operare per la pace in quanto pastore della Chiesa significa “innanzitutto che l’impegno in questo senso sia un mio reale convincimento personale”. Secondo la prospettiva cristiana, ha aggiunto il patriarca, “non si può parlare di giustizia e di pace senza aggiungere la parola perdono. Non si potranno superare gli ostacoli sul cammino della riconciliazione se non si purificherà la lettura della storia dal dolore e dall’ingiustizia che condizionano il presente. Le matrici cristiane, ebraiche ed islamiche hanno diversi approcci al perdono, ma all’interno di quel contesto è da tutte considerato come sinonimo di debolezza e di rinuncia ai propri diritti”.

“Spesso, chi vive quotidianamente all’interno del conflitto mi domanda come possa io, italiano, parlare di perdono – ha sottolineato mons. Pizzaballa – La risposta non è facile, ma resto convinto che parlarne sia necessario, dando però ascolto a chi resiste a quel perdono. Vivere questa lacerazione fa parte del mio servizio pastorale, senza pretendere di imporre soluzioni, ma stando in attesa fiduciosa e dolorosa di un cambiamento possibile fondato nelle fede del Dio provvidente”.

Nel suo breve intervento a chiusura dell’incontro, mons. Ciollaro ha voluto ringraziare l’ospite per aver aperto il suo cuore a degli estranei: “Il suo è stato un dono supplementare – ha detto il vescovo rivolgendosi al patriarca – Lei diceva che tante cose appaiono quasi come miraggi, eppure noi continuiamo a leggere nella Sacra Scrittura parole che aprono alla speranza. “Rallegrati, Gerusalemme”, è scritto. Allora riunitevi tutti voi che la amate. Ci auguriamo tutti che questo possa avverarsi”.

“Il perdono è un valore essenziale perché senza di esso non può esserci ricomposizione delle divisioni. Non si può tenere il dolore come criterio unico per segnare le nostre relazioni. Bisogna guardare oltre e solo il perdono può consentircelo”, ha detto mons. Pizzaballa ai microfoni de l’Attacco.

Il saper perdonare impone il saper rivoluzionare la propria visione del mondo e della vita. Per fare questo “occorre partire da sé stessi – ha proseguito il pastore di Gerusalemme – Il perdono nasce dal cuore, non è un’esperienza intellettuale. Bisogna avere la capacità di personale di saper perdonare. Il perdono deve saper contagiare tutti gli ambiti della vita sociale”.

Il parlare di perdono in occasione del Giorno della Memoria gli fa assumere un significato ancora maggiore. In che modo allora si può conciliare il legittimo desiderio di giustizia dei discendenti delle vittime dell’Olocausto con il valore del perdono? “Perdonare non significa giustificare. Per perdonare bisogna innanzitutto guardare in faccia il male, il dolore che si ha dentro sé stessi. Non si tratta di dimenticare o di giustificare, ma di affrontare il male e superarlo. Il perdono non esenta mai dalla necessità di giustizia, sono due elementi che si richiamano a vicenda”, ha concluso il patriarca.

Giovanni Soldano, L’Attacco


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