L’arrivo dei “ciaonè” e la speranza vera di un viaggio
Un post a ridosso di ferragosto e si alza il sipario della nostalgia: vengono ancora a Cerignola i ciaunè? L’interrogativo, postato sul gruppo We want Cerignola, ha scatenato non solo le risposte di decine di utenti, ma soprattutto ha riavvolto il nastro dei ricordi, in particolare per chi ha lasciato la gioventù.
Ciaunè è una crasi artigianale tra il saluto e un intercalare usato per lo più in Piemonte: ciao né. Esso si riferisce al modo di salutare tipico dell’emigrante cerignolano al ritorno nella terra natia per le vacanze estive. Un vezzo per raccontare ai compaesani come ci si fosse integrati a Torino, dove tra gli anni 50 e 60 del secolo scorso si contavano oltre 50mila cerignolani, quasi quanto quelli rimasti al sud.
Un flusso migratorio, raccontato nel capolavoro di Luchino Visconti Rocco e i suoi fratelli nel 1960, caratterizzato dal viaggio della speranza per un lavoro in fabbrica, a bordo di treni vetusti, con valige di cartone e fiaschi di vino; coppole e abiti consunti, mogli e figli lasciati in Puglia in attesa di poterli ricongiungere dopo la sistemazione.
E proprio la sistemazione nei nuovi quartieri operai del capoluogo sabaudo e di Milano dai nomi che presto diverranno familiari: La Falchera, Porta Palazzo, Corsico, Quarto Oggiaro diventava la nuova vita all’interno di palazzoni a dodici piani con balconi bardati di orribili tende verdi antiumidità, ma con dentro un televisore a valvole e parcheggiata sotto casa una fiat 1500 o una 125 superaccessiorata, con cui “andare giù”, i più fortunati due volte l’anno, i più ad agosto, quando le fabbriche chiudevano per un mese. E lì, salutare tutti: “ciau né”.
Oggi, come raccontano i commenti al post nostalgico, “non vengono più”. Si torna per una settimana di ferie e l’altra si va in Salento o in viaggio. Si arriva con le Frecce dopo aver lasciato un lavoro, spesso qualificato, o gli studi nei due politecnici delle città del nord. E si riparte senza nostalgia o disperazione, ma con talento, inseguendo però sempre una vita migliore.
Natale Labia
Bell’articolo.