mercoledì, Gennaio 8, 2025
Cronaca

Tre mesi dalla scomparsa di Fiscarelli, la mamma: “E’ come se Gennaro non sia mai esistito”


Tre mesi senza suo figlio, sparito dal 5 ottobre 2024 dopo essere uscito, di sera, durante la Notte Bianca svoltasi a Cerignola. Esattamente dopo 90 giorni ancora un giorno di festa, proprio ieri, e ancora le stesse angosce, lo stesso dolore di madre. Giuseppina Dibiase si confida a Marchiodoc.it parlando di suo figlio, Gennaro Fiscarelli, le cui ultime tracce- tragiche- si sono avute in contrada Scarafone tre mesi fa con l’auto incendiata in un podere. Da quel momento il nulla.

“Moralmente sono molto giù, tre mesi senza mio figlio, la casa è una tomba, è stato qui il fratello per dieci giorni, ma nessuna festa, non è stata come le altre volte: Gennaro era l’anima, una tempesta in casa, quest’anno non c’è stato alcun Natale, alcun Capodanno”, dice Giuseppina.

“In questi tre mesi c’è stato un silenzio tombale da parte di tutti, nemmeno un amico mi ha mai telefonato per chiedermi come stessi. Nessuno tra quelli che Gennaro chiamava “fratello” si è fatto sentire. Qui non è venuto a bussare nessuno, per chiedermi come sto. Nessuno- prosegue la madre-  mi ha detto che voleva bene a Gennaro, o se avessi bisogno di qualcosa. Come se Gennaro non sia mai esistito sulla faccia della terra. E Gennaro si è sempre prodigato, non ho capito il perché. Di amici ne aveva tantissimi. Di conoscenti tantissimi, e tutti quelli che conosceva mi scrivono su Facebook per dirmi quanto Gennaro fosse educato, solare e rispettoso”.

Giuseppina incalza: “Perché tutti quelli che lui conosceva bene, reputandoli amici stretti, hanno questo silenzio nei miei riguardi? Questo fa male. Conosco tanti dei suoi amici, che salivano a casa. Io non lo so, cos’hanno da nascondere, tanto da allontanarmi? Forse sono coinvolti loro nella sparizione di mio figlio? Questo loro silenzio non me lo spiego. Perché?”.

Nel frattempo proseguono le indagini dei carabinieri, che nei giorni scorsi – dopo un primo check negativo- hanno inviato al RIS di Roma il telefono ritrovato a pochi metri dalla carcassa incendiata dell’auto. Dalle ulteriori analisi i militari potrebbero ricavare maggiori elementi. Inoltre, nei giorni scorsi, un cartellone è comparso sulla facciata di Palazzo di Città: una foto gigante di Gennaro e la scritta “Chi sa, parli”: “Ho apprezzato molto, anche se mi ha fatto male, ma ho apprezzato molto”, dice Dibiase.

“Sono sempre convinta del fatto che Gennaro si sia fidato di qualche persona sbagliata. Quella sera mio figlio ha trovato qualcuno e si è fidato nell’ andarci insieme. E questa persona, che è entrato in macchina con lui, lo ha tradito, portandolo magari da qualcuno che lo aspettava in quel posto in campagna. Se porti mio figlio in un posto e bruci la macchina vuol dire, forse, che vuoi far perdere le tracce perchè magari perché eri schedato. Gennaro forse conosceva benissimo la persona che lo ha portato in campagna e si è fidato. E fidandosi di qualcuno, è stato tradito. Tanto silenzio, tanta omertà, perché? Chi c’è in mezzo? Cosa ha fatto?”, si chiede Giuseppina-  

“So soltanto che la sera è stato in Piazza Matteotti, dove voci dicono che abbia litigato tre volte in piazza. Tre litigi diversi, non con le stesse persone. E quindi sicuramente le immagini ci sono e sono state viste dai carabinieri”, dice la madre.

Nel frattempo, nei mesi scorsi, una segnalazione anonima aveva aperto una possibilità, fittizia, che Gennaro fosse a Ravenna: “Non ho saputo niente di quella finta segnalazione. Ma non esisteva, magari fosse andato lì. Non è così, Gennaro non sarebbe andato via da me. Se potessi tornare indietro quella notte non lo avrei fatto uscire. Niente di niente. Gennaro era sempre uguale in quei giorni, non lo vedevo diverso. L’unica cosa: un po’ più agitato quando sentiva qualche telefonata. Agitato: diceva “si si arrivo” e scendeva senza darmi spiegazioni. Gli ultimi giorni, scappava, scendeva, usciva. Rispondeva al telefono: “U zì” (lo zio, ndr) e andava via di corsa”.

L’appello di Giuseppina Dibiase è preciso: “E’ diretto a questa persona. A chi gli ha fatto del male ed è uno solo. Hai punito mio figlio, ti sei tolto un ipotetico sassolino dalla scarpa, ma adesso fammelo ritrovare per dargli una degna sepoltura, per poter piangere vicino alla sua tomba. Sento che non è vivo, lo hanno ammazzato. È inutile che mi vogliono illudere, lo hanno ammazzato. A loro non serve il corpo. A me sì. Date la pace a lui. Poi il Signore sa cosa accadrà, la giustizia pure, spero di sapere chi è stato. E poterlo guardare negli occhi”, conclude Giuseppina Dibiase.  

mc


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