sabato, Novembre 23, 2024
Cronaca

STORIE | Cerignola, gli uomini e le donne della Resistenza


STORIE | Gli uomini e le donne della Resistenza di Cerignola

Gli uomini e le donne della Resistenza: così l’ANPI, l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani, definisce le biografie delle persone di Cerignola e di chi si è battuto, in modi e tempi diversi, per la Liberazione dell’Italia dal regime nazifascista. Dal sindacalista “ignorante” a sua figlia, per passare al questore ribelle o al calzolaio rivoluzionario: un pezzo della storia di Italia, e del glorioso 25 aprile, si regge sulle piccole ma grandi storie di uomini e donne di Cerignola. Le loro storie raccontate dall’ANPI.


BALDINA DI VITTORIO

Nata a Cerignola (Foggia) il 16 ottobre 1920, figlia di Giuseppe Di Vittorio, dirigente dell’Unione Donne Italiane, parlamentare del PCI, esponente della Fondazione intitolata al padre.

Figlia di Giuseppe Di Vittorio, educata nel clima dell’emigrazione antifascista in Francia, fin da giovanissima fu attiva nelle organizzazioni della gioventù comunista francese. Iscritta al PCI dal 1938, Baldina allo scoppio della Seconda guerra mondiale fu internata dalle autorità d’oltralpe nel campo di Rieucros e dopo il crollo della Francia riuscì a rifugiarsi negli Stati Uniti col marito Giuseppe Berti.

Qui frequentò i corsi della “Jefferson School” e prese parte all’attività dei gruppi antifascisti di New York.

Dopo la fine del Secondo conflitto mondiale poté tornare in Italia e divenne membro della presidenza nazionale dell’UDI. Nell’aprile del 1963 fu eletta deputato per il PCI, che l’aveva candidata nella Circoscrizione di Bari, e nel 1968 divenne senatrice.

Esponente della Fondazione intitolata al padre, nel cinquantenario della scomparsa del grande dirigente sindacale ha preso parte alle iniziative per celebrarne la memoria sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica.



OTTAVIO CIRULLI

Nato a Cerignola (Foggia) il 2 ottobre 1906, fucilato a Roma il 2 febbraio 1944, calzolaio.

Padre di cinque figli, era conosciuto a Cerignola come cattolico comunista. Per sfuggire al confino, emigrò per breve tempo in Unione Sovietica. Poi, quando tornò in Italia, si stabilì a Roma vivendo del suo mestiere di artigiano. Dopo la caduta di Mussolini, fu tra i primi ad aderire al gruppo antifascista “Bandiera Rossa” e quando la capitale fu occupata dai tedeschi, prese parte alla Resistenza in collegamento con Enzio Malatesta. Cirulli svolse attività di propaganda antifascista, ospitò agenti inglesi nel sottotetto del palazzo in cui abitava, nascose armi e munizioni. Il calzolaio fu tra gli antifascisti che, il 6 dicembre 1943, organizzarono la clamorosa diffusione, davanti ai cinematografi romani, di volantini inneggianti alla Resistenza. Fu arrestato, in seguito a delazione, nella casa di Malatesta, mentre stava mettendo a punto un piano di attacco al parco automezzi tedesco delle Capannelle. Era l’11 dicembre quando il calzolaio pugliese faceva il suo ingresso nel “braccio politico” del carcere di Regina Coeli; il 30 gennaio 1944, processato da un Tribunale militare di guerra tedesco, Ottavio Cirulli veniva condannato a morte. Con lui caddero, sugli spalti di Forte Bravetta, anche Enzio Malatesta, Carlo Merli ed altri otto antifascisti.



FILIPPO PALIERI

Nato a Cerignola (Foggia) il 22 maggio 1911, morto il 13 aprile 1945 nel lager di Wietzendorf, commissario di polizia, Medaglia d’oro al merito civile.

Palieri è forse uno dei simboli della Resistenza tra gli uomini e le donne di Cerignola. A 22 anni si era laureato a Roma in Giurisprudenza. Durante la Seconda guerra mondiale si trovava a Rieti, come capo di Gabinetto del questore. Quando il suo superiore si assentò per malattia e Palieri divenne responsabile della Questura, il giovane commissario si adoperò per salvare centinaia di artigiani reatini dalla deportazione in Germania, dove sarebbero stati impiegati nel lavoro coatto. Deportato per questa sua attività e per aver rifiutato di aderire alla repubblica di Salò, reiterò il suo rifiuto anche quando l’offerta gli fu rinnovata il 19 marzo 1945. Palieri si trovava, quel giorno, provato dagli stenti e dalle sofferenze, nell’infermeria del lager. I nazisti lo rimandarono allora tra gli altri prigionieri. Filippo Palieri non rivide più, come aveva previsto e confidato a Salvatore Poti (un compagno di prigionia), i genitori, la moglie (Giuliana Annesi) e i tre figli. Al valoroso commissario sono state intitolate a Rieti una strada e la locale Sezione dell’ANPS. I suoi figli gli hanno dedicato i libri Oltre il Lager e Eredità d’affetti.



Giuseppe Di Vittorio

Nato a Cerignola (Foggia) l’11 agosto 1892, deceduto a Lecco il 3 novembre 1957, dirigente sindacale unitario: il padre di tutti gli uomini e le donne impegnati nella Resistenza.

È stato certamente il maggiore e più seguito, dirigente sindacale italiano del XX secolo. Rimasto orfano quando non aveva ancora otto anni (suo padre, bracciante, morì sul lavoro), “Peppino”, come veniva affettuosamente chiamato, conobbe subito la durezza dello sfruttamento del lavoro bracciantile. A 12 anni il ragazzino era membro del sindacato dei contadini; a 13 era già nel direttivo della Lega; a 16 fondava il Circolo giovanile socialista di Cerignola.

Era il 1910 quando Di Vittorio veniva eletto segretario della Federazione giovanile del PSI pugliese. L’anno dopo si era già schierato col sindacalismo rivoluzionario e, nel 1914, era alla testa dei moti della “settimana rossa” di Bari. Costretto a riparare in Svizzera, si sottopose, da autodidatta, a rigorosi studi sino a che, nel 1915, poté tornare a Cerignola e, poi, di lì partire per la Grande guerra. Gravemente ferito sull’Altipiano dei Sette Comuni nel 1916, dopo la guarigione, fu internato come “sovversivo” prima a Roma, poi alla Maddalena e a Palermo e, infine, per un anno e mezzo, in Libia.



Al termine del conflitto, Di Vittorio torna a dirigere la Camera del Lavoro di Cerignola e poi quella di Bari. Sono gli anni dello squadrismo fascista foraggiato dagli agrari e, nell’aprile del 1921, il popolare dirigente dei lavoratori pugliesi finisce in carcere a Lucera. Ne esce perché è presentato, come candidato a deputato, dal PSI (partito al quale non era iscritto). Eletto, Di Vittorio sfida i fascisti di Cerignola, che gli avevano proibito l’accesso al suo paese natale, e continua a combatterli anche dopo la “marcia su Roma”. A Bari è alla testa dei lavoratori che difendono la CdL, che verrà espugnata, non dai fascisti ma dall’Esercito.

Gli squadristi tentano allora di portarlo dalla loro parte, offrendogli di entrare nei sindacati fascisti, ma Di Vittorio respinge sdegnosamente le loro offerte. Aderisce invece, nel 1924, al Partito comunista. Nel 1925 è di nuovo arrestato. Rilasciato nel 1926, per sfuggire alle Leggi eccezionali espatria clandestinamente, inseguito da una condanna a 12 anni di reclusione. Dal 1928 al 1930, Di Vittorio è a Mosca, dove partecipa alla direzione (era già stato segretario, in Italia, della “Associazione nazionale dei contadini poveri”, promossa con Ruggero Grieco), della “Internazionale contadina”.

Quando passa in Francia, organizza a Parigi la Confederazione generale del lavoro e si dedica al rafforzamento del movimento antifascista tra gli emigrati italiani. Membro del Comitato centrale e dell’Ufficio politico del PCdI, nel 1934 Di Vittorio partecipa alla stipula del Patto d’unità d’azione tra comunisti e socialisti. Quando Francisco Franco attacca la Repubblica democratica spagnola, eccolo (col nome di Mario Nicoletti), combattere come commissario politico della XI e poi della XII Brigata Internazionale. Ferito a Guadalajara, trascorre la convalescenza in Francia, dove dirige il quotidiano La voce degli Italiani.



Guarito, torna a combattere in Spagna. Alla fine della guerra civile, ecco di nuovo Di Vittorio in Francia, ad occuparsi de La Voce degli Italiani, sino a che il foglio non è soppresso dalle autorità dello Stato transalpino. Arrestato il 10 febbraio 1941, il sindacalista italiano è trattenuto dai nazisti, che lo consegnano poi alle autorità fasciste. In Italia Di Vittorio è incarcerato a Lucera e poi, il 24 settembre 1941, avviato al confino di Ventotene. Con la caduta di Mussolini, è il Governo Badoglio a nominare Di Vittorio commissario alle Confederazioni sindacali e ad affidargli la segreteria della Federazione nazionale dei lavoratori agricoli.

Con l’armistizio, l’avvio della Resistenza, che vede, ancora una volta, il sindacalista pugliese in prima fila. È lui che tratta col generale Carboni per fornire di armi i patrioti nelle vana difesa di Roma; è lui che continua la lotta nella clandestinità. Alla liberazione della Capitale, nel 1944, il comunista Di Vittorio firma il Patto d’unità sindacale con democristiani e socialisti. Nasce così la CGIL, che Di Vittorio dirigerà sino alla morte.



Presidente della Federazione sindacale mondiale, è il sindacalista pugliese (membro della Costituente, eletto deputato del PCI nel 1948 e nel 1953), che in Italia si batterà conseguentemente per il riscatto dei lavoratori e per la ripresa dell’economia; è sempre lui che varerà il “Piano del lavoro”, che affronterà, con coraggio e spirito unitario, le scissioni seguite all’attentato a Togliatti, le crisi della sconfitta alla Fiat, del XX Congresso del PCUS, degli eventi drammatici di Polonia e d’Ungheria.

Morirà sulla breccia, stroncato da un infarto (ne aveva superato un altro l’anno prima, ma non si era risparmiato), durante una riunione con gli attivisti sindacali lecchesi. Sulla sua vita e sulle sue battaglie, la RAI ha trasmesso, nel marzo 2009, il film Pane e libertà, del regista Alberto Negrin. La figlia Baldina e la nipote Silvia Berti lo avevano presentato, in anteprima, al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Al grande dirigente sindacale italiano sono intitolati (oltre ad una Fondazione, che ha la sede centrale a Roma), circoli culturali, scuole, strade, piazze, sezioni di partito, ecc. Ricchissima anche la bibliografia su Giuseppe Di Vittorio.

Ecco gli uomini e le donne della Resistenza di Cerignola.



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Caustico
4 anni fa

Onore a loro e a tutti coloro che hanno combattuto e continuano a combattere tutte le forme di dittatura…

Andrea
4 anni fa
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Onore a loro ed Arturo quelli che oggi combattono tutte le forme di dittatura, compresa quella che la Germania In testa e l’Europa del nord attuano nei confronti dell’Italia!!

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