sabato, Dicembre 21, 2024
Cronaca

La morte di Schiavone tra Camorra e Black Land

Carmine Schiavone, il pentito del clan dei Casalesi che ha raccontato Gomorra e ha tracciato la mappa degli scarichi illegali di rifiuti tossici e nucleari, è morto sabato scorso in circostanze ancora da chiarire. Era entrato in ospedale dopo una caduta dal tetto della sua abitazione, riportando diverse lesioni e la frattura di una vertebra, è stato ricoverato per otto giorni, poi è seguita l’operazione chirurgica e venerdì scorso “”“ come riferisce il procuratore Federico Cafiero de Raho – “”stava bene”” e per tale ragione “”bisognerà  capire come sia morto””.

 

Schiavone era parte integrante del clan dei Casalesi, con ramificazioni in tutto il mondo e con una forza economica spaventosa. Era stato lui, come avrebbe raccontato in un’intervista del 2013, a proporre ai suoi accoliti il business del tombamento illegale dei rifiuti: “”Facevo scavare i terreni che servivano per fare la superstrada e servivano tonnellate di terra. Quando arrivavano i rifiuti in città  noi rimepivamo i buchi con la monnezza e poi la coprivamo con uno strato di terra, che era buono, era fertile. Quando proposi questo affare al clan, mi stavano per mangiare: “”ma ci vuoi ammazzare tutti?””, dicevano. In realtà – siegava Schiavone ai microfoni di Annozero- mi convinsi subito che avevano ragione, non ci pensai più. Dopo qualche mese scoprii che dalla Germania arrivavano fusti tossici””.

à‰ quello il momento in cui si parla per la prima volta dei possibili effetti disastrosi sull’ambiente e sulle contaminazioni delle falde acquifere: “”E che ci importa- fu la risposta- tanto noi beviamo l’acqua minerale””. Quando nel 1993 Schiavone va in carcere, decide di diventare collaboratore di giustizia: vuota il sacco, fa nomi e cognomi, segna luoghi e situazioni. La commissione parlamentare contro le ecomafie rimane ad ascoltare: il teste è attendibile, ma gli atti vanno secretati. “”Colpa di Giorgio Napolitano, allora ministro dell’Interno””, dirà  Schiavone nel 2013, ma l’ex presidente della repubblica smentisce, senza dire però da chi partì l’ordine di “”tombare”” le notizie della contaminazione della Terra dei Fuochi.

Quel silenzio ha prodotto business, ha creato una sequenza di emuli. Anche a Foggia: “”Anche sulla Puglia parlavamo; c’erano discariche nelle quali si scaricavano sostanze che venivano da fuori, in base ai discorsi che facevamo negli anni fino al 1990-1991. A mia conoscenza personale, nel Salento, ma sentivo parlare anche delle province di Bari e di Foggia», diceva il boss alla Commissione parlamentare.

E proprio in una lista consegnata alle forze dell’ordine che lo avevano interrogato compare il nome di uno degli arrestati e condannati all’interno del processo Black Land, che ad aprile 2014 ha svelato il traffico illegale di rifiuti tra Campania e Capitanata.

“”Muore un personaggio ambiguo, contraddittorio, immorale, carismatico che nella vita è stato in grado di fare scelte importanti, coraggiose e di muoversi sempre con furbizia, pronto a compiacere gli interlocutori, rigoroso e dettagliato in tribunale per poi cambiare di colpo registro quando interloquiva con i media dove diveniva generico, iperbolico, più opinionista che testimone””, scrive Roberto Saviano.

Anni fa, Carmine Schiavone lo volle incontrare. L’autore di Gomorra si presentò all’appuntamento imbottito di microspie e microfoni. Schiavone, intercettato, gli confidò: “”Ti tiene una condanna a morte. Siamo morti io e te. Perchè non ci possiamo fidare di nessuno, nessuno: io non mi fido nemmeno di mia moglie. Se ci vai (a Casale) ti sparano. Loro cercano di tenere salde le vecchie strade politiche, amministrative, giuridiche, militari,  insomma istituzionali e per questo non vengono mi vengono a cercare. Tra dieci anni sono caduto nel dimenticatoio, che senso ha farmi del male? Come simbolo? Quando cadi nel dimenticatoio sei un uomo morto. Ma tu che pensi, che ti risparmino? Tu stai nella barca come me””, diceva l’ex boss a Saviano.

Schiavone viveva da diversi anni in una località  protetta nell’alto Lazio, insieme ad un figlio e alla moglie, con una nuova identità . Aveva concluso da qualche anno il programma di protezione e, nel luglio del 2013, aveva terminato di scontare la reclusione domiciliare e a rilasciare interviste scottanti.

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