Conte , i ‘prestanomi’ e la mafia di Cerignola
Cerignola in mano alla mafia. Lo dice la DIA nel suo screening semestrale, lo dice la relazione con la quale il Presidente della Repubblica ha dato assenso allo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose. La malavita, o il tentacolo di essa, si è presa ogni ambito della città ed è per questo che la visita del Premier Giuseppe Conte, il cui padre è originario proprio di Cerignola, ha un significato ancora più specifico se combinata alla presenza del presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra. Un pezzo di società civile, infinitamente piccola rispetto all’onda di negazionisti e collusi, si batte in quella che dovrebbe essere la giusta strada: e lì ieri c’era lo Stato. “Intorno alla mafia dobbiamo fare il deserto”, ha tuonato il presidente del consiglio.
Quella di Cerignola è la mafia degli affari. Tanto forte e strutturata da sovrastare per organizzazione i cugini di San Severo, Foggia, Manfredonia visto che tra i clan della provincia “è evidente l’incapacità di darsi una configurazione gerarchica condivisa (con qualche eccezione per la mafia cerignolana)”. Un unicum nel panorama di Capitanata che rende la criminalità organizzata cerignolana una struttura granitica.
Per la direzione investigativa antimafia “è emersa una significativa ingerenza nella gestione della “cosa pubblica”, essendo state create, in entrambi i casi (Cerignola e Manfredonia, ndr), complesse reti relazionali di amicizie, frequentazioni e cointeressenze tra amministratori comunali, dipendenti dell’ente locale e soggetti appartenenti o contigui a famiglie malavitose, le quali grazie a tali rapporti hanno beneficiato di favori nell’acquisizione di pubbliche commesse, negli affidamenti del patrimonio comunale o nell’esercizio di attività commerciali” .
Anche perché le organizzazioni criminali pugliesi, compresa la cerignolana, appaiono più che mai proiettate “al raggiungimento di obiettivi criminali a medio-lungo termine, puntando a consolidare le proprie posizioni nei settori nevralgici dell’economia regionale, punto di incontro tra mafiosi, imprenditori, liberi professionisti e rappresentanti infedeli della pubblica amministrazione”.
In Puglia, allo stato attuale, sono in corso le procedure per la gestione di ben 1052 immobili confiscati, mentre altri 1530 sono già stati destinati. Risultano, inoltre, in corso le procedure per la gestione di 109 aziende, mentre 106 sono state già destinate. Tra i beni sottratti alle consorterie, nelle varie province pugliesi, figurano alberghi, ristoranti, attività immobiliari, aziende operanti nel commercio all’ingrosso, nell’attività manifatturiere, nell’edilizia, nei comparti dell’agricoltura, caccia e silvi-coltura, nella sanità e assistenza sociale, nel trasporto, magazzinaggio e comunicazione, nonché appartamenti, ville, fabbricati industriali e negozi.
Molte volte le “teste di legno” cercano di riappropriarsene. La cooperativa sociale Altereco, che in contrada Scarafone, sui beni sottratti al boss Giuseppe Mastrangelo, gestisce un terreno agricolo di 8 ettari con annesso fabbricato, è infatti tra le dieci cooperative che in tutt’Italia sono impegnate ad accogliere i giovani studenti nel progetto pilota organizzato dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, insieme al Ministero dell’Istruzione.
Per questo da Terra Aut è partita la richiesta, rivolta al premier Conte, di mettere fine al valzer dei “prestanomi”: Conte ha sottolineato che lo Stato c’è per contrastare il fenomeno dei prestanome e delle intestazioni fittizie. Con Morra ha ribadito un netto no alla longa manus della mafia, attraverso misure sempre più incisive.
“Vivo con dolore il fatto che qui, in questo territorio, la mafia prosperi ed abbia dimostrato di essere particolarmente incisiva. Ecco perché è importante una manifestazione come quella di oggi. Noi dobbiamo assolutamente fare il deserto intorno alla mafia. Abbiamo rafforzato gli uomini e la presenza dello Stato, ma non è sufficiente. Dobbiamo anche alimentare la cultura contro la criminalità mafiosa, dobbiamo coinvolgere tutti i giovani, come in questa iniziativa, perché loro sono il seme della speranza che ci consentirà di venire a capo dei traffici mafiosi. È qui, fra le difficoltà, che cresce la speranza. La mafia è come un virus, i ragazzi sono il vaccino contro la rassegnazione, “il fresco profumo di liberta” di cui parlava il giudice Paolo Borsellino e a cui si ispira il progetto portato avanti dalla cooperativa Altereco. La forza d’urto dei giovani, la spinta più forte per l’Italia”, ha detto il premier Conte.
E Cerignola sembra essersi svegliata dal torpore già da dieci giorni, da quando il vicequestore aggiunto Loreta Colasuonno ha lanciato l’allarme: “Tutti pagano le estorsioni”, ha detto al Fatto Quotidiano, scatenando una serie di polemiche più o meno strumentali e catene di commenti negazionisti. Utile leggere quanto scrive la DIA sulla criminalità in provincia di Foggia: “Sotto il profilo dell’analisi, come già evidenziato nelle precedenti Relazioni Semestrali, le citate inchieste sanciscono un passaggio significativo nell’evoluzione del rapporto estorto-estorsore, che dal tradizionale racket fatto di minacce esplicite e violenze dirette si è trasformato in un modello molto più subdolo ed insidioso, in cui per l’assoggettamento è sufficiente la fama criminale e la forza intimidatrice promanante dal vincolo associativo (c.d. estorsione ambientale)”.
E’ in questo contesto che si inserisce la visita di Conte a Cerignola, in un mese assai delicato per le sorti della sicurezza e dell’ordine pubblico. Domani sarà il prefetto di Foggia a fare tappa nella città di Di Vittorio dopo l’omicidio di Cirulli e il tentato omicidio di Riccardi
“Intorno a metta” dobbiamo fare il deserto. La fame e la disperazione… Fa si che le teste di legno sono a disposizione.
COERENZA CONCRETIZZATA— dov’è..? Povero PEPPINBO diVittorio e TUTE le FAMIGLIE che attuano CITTADINANZA