Relazione DIA: “Mafia cerignolana è mafia degli affari”
Pubblicata la relazione semestrale della DIA – Direzione Investigativa Antimafia – che, tra le altre, tratteggia e spiega le dinamiche della mafia cerignolana. Nel Tavoliere è la più “strutturata” e la “più solida”, in grado di infiltrarsi e allargare il giro d’affari. Quella locale è descritta come una organizzazione “carismatica” e in grado di progettare a lungo termine, contando su una pax criminale.
Di seguito lo stralcio della relazione che si riferisce al primo semestre dell’anno 2018.
RELAZIONE ANTIMAFIA (STRALCIO)
Nel Basso Tavoliere, quella di Cerignola resta la realtà criminale strutturalmente più solida: non risente delle ripercussioni dei riassetti e delle fibrillazioni in atto nelle vicine aree e, partendo da un forte e radicato controllo del proprio territorio, attua una strategia operativa di progressiva espansione verso altre aree.
Infatti, la capacità di diversificare le attività illecite da cui provengono le ingenti risorse finanziarie e di sapersi rigenerare, dando continuità ai traffici illeciti, le ha permesso di affermarsi anche a livello nazionale. Si connota come mafia degli affari, svincolata dalla rigidità tipica delle strutture fondate sui vincoli di familiarità (aspetto peculiare delle mafie foggiana e garganica) e proiettata al raggiungimento di obiettivi a medio-lungo termine, anche grazie, verosimilmente, all’esistenza di un organo decisionale condiviso, in grado di assoggettare in modo pragmatico il tessuto criminale, riducendo al minimo le frizioni.
La pluralità delle attività della mafia cerignolana, spesso condotte con forme di pendolarismo, costituiscono un valore aggiunto in termini sia finanziari che di carisma criminale nelle relazioni con le altre organizzazioni. Significativa al riguardo la già citata operazione “Ocean’s Twelve”, conclusa, a febbraio, dai Carabinieri, che hanno proceduto al fermo di 5 foggiani, presunti componenti del commando protagonista di un ingegnoso tentativo di furto milionario ai danni del caveau di una società di trasporto valori, con sede nella località svizzera di Chiasso.
Ad aprile, poi, nell’ambito della già segnalata operazione “Keleos” 529, la Polizia di Stato ha eseguito l’arresto di 6 soggetti di origine calabrese e di 3 originari di Cerignola (FG) – uno dei quali contiguo al clan cerignolano PIARULLI – ed Andria (BT), tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, di rapina, realizzata con schemi di tipo paramilitare, aggravata dal metodo mafioso, nonché dal possesso e detenzione di armi e munizioni da guerra, di furto e ricettazione dei veicoli. Costoro facevano parte del commando armato – composto da almeno 15 persone – che, nella serata del 4 dicembre 2016, assaltò il caveau di un Istituto di Vigilanza ubicato nella zona industriale di Catanzaro, asportando 8,5 milioni di euro in contanti.
Le indagini disvelarono la stretta sinergia tra consorterie pugliesi e calabresi, finalizzata ad agevolare la ‘ndrangheta catanzarese di San Leonardo di Cutro, atteso che parte del denaro era stato suddiviso tra le varie cosche dell’area. Tra gli indagati figurava, peraltro, un pregiudicato andriese, ucciso poi il 23 gennaio 2018 nella città pugliese, attivo nelle fasi preparatorie all’assalto. A febbraio, la DIA di Bari ha proceduto al sequestro532 di beni immobili, ad un complesso aziendale e disponibilità finanziarie – del valore stimato di 700 mila euro – riconducibili ad un pluripregiudicato di Cerignola, dedito a rapine e furti di ingentissimo valore, accusato di aver preso parte ad un sodalizio criminale, con base a San Pietro in Casale (BO), allo scopo di commettere furti in danno d’imprese e di riciclaggio di veicoli ricettati in tutto il nord Italia (Veneto, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Umbria e Toscana). Il provvedimento è scaturito dall’accertamento dell’evidente sproporzione dei redditi dichiarati rispetto al tenore di vita ed agli investimenti effettuati nel tempo. Altro provvedimento ablativo533 è stato eseguito, a Canosa di Puglia (BT) e a Milano, nel mese di maggio, nei confronti di un soggetto considerato contiguo al clan mafioso “PIARULLI-FERRARO”. Il decreto ha riguardato beni del valore di circa 3 milioni di euro.