[CINEMA] Il Libro della Giungla: libera il fanciullo dentro
Che la Disney fosse una major improntata ad un gusto retrò, passatista, era risaputo da molto tempo. A volte questa mission le ha causato sonore batoste ai botteghini, ma ci sono volte come questa in cui l’operazione nostalgia approda a qualcosa di efficace.
La rivisitazione dei grandi classici, iniziata con Maleficent e proseguita con Cenerentola di Kenneth Branagh, continua con il Libro della Giungla, diretto da Jon Favreau, mestierante dignitoso che ha all’attivo Iron Man e Cowboy and aliens. Il film è un remake allo stampino in live action del classico d’animazione del 1967, che fu l’ultima produzione del patriarca della Disney, l’immortale Walt. Una ripresa totale che avrebbe potuto annoiare molti, e che invece riserva piacevoli sorprese.
Il piccolo Mowgli, allevato da un branco di lupi ligi alle regole della società più avanzata, viene costretto dalle minacce della tigre Shere Kan ad allontanarsi dalla sua famiglia adottiva per scampare ad una morte certa. Nelle sue peregrinazioni, conosce l’allegro burlone dell’orso Baloo, e in seguito, in un incontro poco gradito, il re delle scimmie Louie, che a suo malgrado gli suggerisce il mezzo per debellare il suo nemico. Trattasi del fiore rosso, il fuoco opera degli uomini, che reca nella mente degli abitanti della giungla tristi ricordi, e che grazie ad esso il piccolo cucciolo d’uomo potrà sconfiggere la crudele bestia e ricongiungersi alla sua amata società di lupi.
Quali sono i pro che potrebbero spingervi ad andare al cinema? Senza dubbio sapere che i visual effects sono a cura della Weta, la casa di tecnologie digitali capitanata da Peter Jackson al quale si devono i miracoli delle saghe del Signore degli Anelli e de lo Hobbit. E senza dubbio il cast di doppiaggio italiano, che raccoglie il testimone da un cast d’Oltreoceano validissimo anch’esso, composto da Violante Placido, Giovanna Mezzogiorno, Neri Marcorè, Beppe Servillo e perfino il candidato al Quirinale Giancarlo Magalli, di cui scopriamo le discrete qualità canore in uno stacchetto musicale ereditato dal cartone d’epoca.
Il commento musicale, in gran parte rimaneggiato dal film del 67, è reso perfettamente funzionale allo svolgimento narrativo. Solare nei momenti di quiete, incalzante nelle sequenze d’azione, contribuisce alla riuscita del generale del film. Forse un po’ di soperchio le due canzoni riprese dal cult d’antan, fuori luogo in un film in cui si alternano realtà e finzione digitale, ma che alla fine rubano pochi minuti e non lasciano strascichi nel godimento del film.
Da sempre, il mondo animale è stato usato, da Esopo a Sepulveda, da De la Fontaine a Orwell, per demistificare le ingiustizie e smascherare i vizi degli uomini sotto mentite spoglie. Kipling, autore grandissimo del romanzo in questione e primo premio Nobel dell’Inghilterra, rimescola le carte e rende gli animali depositari di valori e virtù umane, senza glissare su personaggi poco edificanti. iL consorzio ferino della giungla, e il microcosmo dei lupi, rispecchiano i dettami di un mondo civile e ordinato da leggi, che erbivori e carnivori, seppur in eterna competizione, condividono e rispettano con ossequio religioso. Figura emblematica è la pantera Bagheera, simbolo lampante del pedagogo kiplinghiano, tutore della gioventù e maestro di vita, al pari del pedagogo omerico personificato dal centauro Chirone. Il saggio felino assurge a icona di una visione olistica della natura, in cui ogni specie ha il suo ruolo nell’ecosistema e in cui la natura riveste un ruolo predominante. Inizialmente timorosa del background umano del suo allievo, memore delle offese che gli uomini perpetrano agli animali, Bagheera scoprirà che l’umanità , purificata dal contatto genuino con la natura, può coesistere pacificamente con essa. E che dire dell’orso Baloo, portatrice di un anarchismo gaudente e spensierato, tipica dell’uomo eppure così vitale.
Sebbene non sia degna da passare alla storia, il ritorno di Mowgli al cinema potrà comunicare nei più giovani, target ideale del film, l’amore per gli animali e, si spera, per la lettura del capolavoro inglese, che non farebbe male. In concomitanza con la Giornata Internazionale del Libro.
Enrico Frasca