VIDEO | Lagrimaro, il canale inquinato fa ancora danni
Ad occhio nudo sembra una strada asfaltata, ma in realtà si tratta di un corso d’acqua ormai interamente ricoperto da una coltre di liquami e di melma che rende immobile quel fossato. Il canale Lagrimaro, in zona industriale, emana odori nauseabondi proprio nelle vicinanze delle campagne e delle numerose aziende agricole che affollano il territorio, e si spinge fino al mare. Se ne è parlato molto, della salubrità di quelle acque, ma di atti concreti ancora nessuno, perché quel corso d’acqua altamente inquinato continua a fare bella mostra di sé nonostante le promesse di chiuderlo definitivamente.
Quando fu costruito, negli anni 50, era stato pensato come canale fluviale per raccogliere le acque di campagna e per mettere a segno un meritevole scopo: evitare che l’acqua ristagnasse nei terreni. Successivamente, con il piano regolatore approvato dall’architetto Musacchio nel 1976, quell’area fu destinata a zona industriale e si aprì una prima fase di riorganizzazione del luogo. A partire proprio dal Lagrimaro, che si pensò di “tombare” per sempre considerata la vicinanza agli insediamenti industriali. Furono intercettati, negli anni, anche dei finanziamenti per la progettazione di un piano di caratterizzazione che culminasse con la chiusura del canale. L’ultimo documento è datato al 2013, quando l’amministrazione comunale diede mandato allo studio Boscia-Romanazzi di Bari di allestire la progettazione. Da quel momento, poi, silenzio assoluto. Interrotto, ad inizio del mandato Metta, dall’ennesima promessa non mantenuta di chiuderlo ed eliminare esalazioni e pericoli per l’ambiente.
Il Lagrimaro è lungo circa 2 km e arriva fino a Fosso Pila, un altro “contenitore” che negli anni si è contraddistinto per l’insalubrità dell’acqua. Fosso Pila è stato tombato parzialmente in zona Corso Vecchio, mentre la foce immette in Canale Regina, che porta direttamente al mare Adriatico all’altezza di Margherita di Savoia. Va da sé, dunque, che quell’acqua inquinata possa finire indisturbatamente nei luoghi balneari. Da cosa dipende l’inquinamento del Lagrimaro? È presto detto. Da attività di accertamento avvenute nel 2013 si scoprì che diverse aziende sversavano liquami non trattati: i privati furono quindi invitati e regolarizzare la posizione.
L’impressione che alcune aziende possano continuare a sversare scarti industriali nel canale Lagrimaro è ancora troppo forte: perché i liquami speciali, e talvolta potenzialmente tossici, possono finire in quel corso d’acqua ormai diventato agglomerato di inquinanti e di cattivi odori. In assenza di procedimenti penali in corso, l’Arpa non interviene: dunque è possibile che quel corso d’acqua non sia nemmeno monitorato nonostante le denunce presentate da associazioni e partiti politici di opposizione, che negli anni si sono avvicendati sugli scranni di palazzo di città. La situazione rimane ancora esplosiva: quel fiume di melma maleodorante taglia in due la zona industriale di Cerignola, per portare poi gli inquinanti nei torrenti che sfociano in mare.
Michele Cirulli