Il vescovo Di Molfetta fa il ‘renziano’: “”Le riforme le vuole la Madonna””
Ormai è un appuntamento fisso “ e probabilmente l’ultimo, considerata la scadenza del mandato-, quello con le contestate omelie di don Felice Di Molfetta, vescovo della diocesi Cerignola-Ascoli Satriano. L’occasione, ancora una volta, è l’omelia nel giorno della festa patronale in onore della Madonna di Ripalta.
In un duomo gremito e adorante alla vista dell’effige della Vergine, il monsignore non ha risparmiato frecciatine al segretario generale della CEI, il cerignolano don Nunzio Galantino, al centro di feroci polemiche estive con Matteo Salvini della Lega per il ruolo della politica nella società attuale.
Galantino e Di Molfetta, oggi definitivamente riconciliati dopo anni di silenzio, non si sono mai presi. Se per il nuovo segretario della Conferenza Episcopale Italiana la politica altro non è che un piccolo harem di cooptati e di furbi, per il vescovo della diocesi di Cerignola-Ascoli Satriano la gestione della cosa pubblica è di primaria importanza, da un punto di vista sociale, teologico e civile. Tanto che nell’ultima tornata elettorale la lista i-Cattolici- da lui benedetta e fondata dal suo braccio destro Giuseppe Dibisceglia- è riuscita a salire a palazzo di città al fianco del sindaco Franco Metta.
E, pur avendo racimolato un consenso assai modesto, che depurato da infiltrazioni cicognine è stato addirittura più basso rispetto all’exploit del Cetto La Qualunque Gerardo Bevilacqua, il ruolo cattolico nella macchina amministrativa è determinante: sulla poltrona da vicesindaco siede Mimma Albanese (68 voti), priora della Confraternita del Santissimo Sacramento, e a capo di gabinetto c’è Salvatore Amato (64 preferenze), revisore dei conti della Curia. Oltre alla costruzione della cripta in Cattedrale, che ha causato una mobilitazione di 7100 persone, anche l’interventismo politico di Di Molfetta, a Cerignola, ha prodotto risentimenti e talvolta indignazione. Tanto che il vescovo, nell’ultima omelia, ha chiarito il senso della sua vision, evidentemente contrapposta all’antipolitica prospettata da Galantino e Papa Francesco.
Uscire in periferia, Chiesa in uscita- ha detto Di Molfetta- per molti che si sentono incoraggiati dalla voce di Papa Francesco, è diventato quasi uno slogan, una specie di luogo comune. Piuttosto serve all’occorrenza, inzaccherare anche la nostra tunica, per amore della verità invece di adagiarsi ad ogni forma di latitanza e studiato equilibrismo. è per questo, dunque, che il vescovo avrebbe abbracciato la causa di Franco Metta. Perchè per aiutare i poveri, sostiene il vescovo nativo di Terlizzi, c’è necessità di inserirsi pienamente dentro la vita e le attese degli ultimi, ponendosi alla loro stregua e centrando il nostro essere e il nostro operare su di loro.
Un programma, questo, che dovrebbe spingere ad abbandonare il recinto sacro per sentire fuori, sulla nostra pelle, i graffi di coloro che attendono risposte alle loro attese, rimarca il prelato che cita il dettato conciliare di GS 76, secondo il quale La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l’una dall’altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini.
E chi è la prima sostenitrice di questa operazione morale e di questo attivismo politico? La Madonna in persona: Non è forse Lei, la nostra Madonna di Ripalta, che abita e vive nella nostra Città ? Che chiede al clero, agli amministratori e ai credenti tutti una reale, profonda riforma che non può essere riproposizione di modelli del passato? Una riforma che deve essere creativa, coraggiosa e supportata da fervida immaginazione. Per questo tutti devono sostenere il nuovo per il Rinascimento.
E guai se così non fosse perchè c’è da dare inizio a quel processo del novum, tanto atteso e auspicato, bandendo dalla nostra vita e dalle nostre abitudini quella dolente piaga della maldicenza calunniosa, intesa solo a diffamare e a provocare disunione e divisione, impedendo così la comunicazione tra cittadini e cristiani, nel vincolo supremo della carità , sostiene Felice Di Molfetta. Che tradotto nel linguaggio mettiano corrisponde a rosiconi, così come apostrofa attraverso i social network, in veste ufficiale, chiunque non sia appiattito sulle posizioni della maggioranza di governo cittadino.
Di Molfetta, poi, parla anche di carità e risponde presente all’appello lanciato da Papa Francesco sull’accoglienza di famiglie di profughi in ogni parrocchia d’Italia: Per mio conto, uno spazio del Seminario diocesano in Cerignola sarà riservato subito a due famiglie, mentre è in gestazione un progetto della Chiesa diocesana riguardante la presenza a Tre Titoli come segno concreto dell’Anno Santo straordinario della Misericordia.
Michele Cirulli